I fornitori di abbigliamento hanno sostenuto condizioni operative piuttosto difficili negli ultimi cinque anni, lavorando duramente per trattenere e allontanare i clienti da supermercati rivali, grandi magazzini e rivenditori online. I prezzi dell’abbigliamento sono diminuiti recentemente a causa della persistente concorrenza sui prezzi e di uno sconto generalizzato, ciò, ha in qualche modo limitato la crescita dei ricavi nei mercati di tutto il mondo.
L’Europa è sede di alcuni dei mercati di ingrosso abbigliamento più redditizi in tutto il mondo, ne fa da testimonial Albano’s, azienda spagnola attiva da oltre 35 anni, in quanto principale fornitore di vestiti fabbricati in Europa grazie ai suoi 20.000 clienti. Tra i principali paesi europei, è in Germania che l’industria dell’abbigliamento ha il valore più alto, pari a circa 63,3 miliardi di dollari nel 2017 e nell’Europa orientale questo settore ha registrato un aumento del valore delle operazioni commerciali del 27,8% dal 2013, riportando circa 80,8 miliardi di euro solo nel 2018. I dati permettono l’elaborazione di una ricerca ancora più specifica dei consumatori che danno linfa a questo smisurato mercato, infatti, con circa il 38% dell’intero settore, è l’abbigliamento femminile il principale responsabile della maggior parte delle entrate complessive.
Quelli appena riportati sono numeri importanti che segnano una notevole crescita del settore nella zona europea, tuttavia, soprattutto grazie ai costi di produzione, è il mercato orientale che continua a dominare l’intero settore. Ma a determinare questo scenario non è solo il basso costo della manodopera, negli ultimi anni, ci sono stati cambiamenti nelle dinamiche della regolamentazione dell’industria della produzione di abbigliamento in Europa, con molte aziende che hanno scelto di spostare la loro produzione in luoghi più economici in tutto il mondo. Di conseguenza, paesi come la Cina (prima su tutti), il Bangladesh, la Turchia, l’India e la Cambogia, ora sono i principali fornitori di abbigliamento nell’Unione europea.
Nel 2017 le importazioni provenienti dalla sola Cina valevano circa 27,2 miliardi di euro, pari a una quota di circa il 20%. Detto questo, la produzione di abbigliamento occupa ancora un posto cruciale in Europa, con fornitori che distribuiscono un sostanziale numero di capi prodotti in Spagna e Italia sia per il commercio all’ingrosso che al dettaglio. L’industria ha mostrato uno sviluppo stabile negli ultimi cinque anni, raggiungendo un fatturato stimato di 362 miliardi di euro tra il 2017 e il 2018.
Occorre precisare però, che non tutti i dati registrati esprimono valori positivi, e come spesso accade in ogni settore commerciale degli ultimi periodi è l’occupazione a registrare quello più negativo: negli ultimi anni è diminuito considerevolmente, passando da circa due milioni di dipendenti nel 2009 a circa 1,6 milioni di impiegati nel 2018.
In conclusione, se molti numeri del mercato dell’abbigliamento sono in costante aumento, la crescita del fatturato mondiale – rappresentata dal Compound Annual Growth Rate (CAGR)- sta rallentando: in calo dal 15,3% nel 2018 al 7,6% entro il 2022. La saturazione del mercato occidentale è la fonte più probabile di questa tendenza. Quando i tassi di crescita vengono confrontati tra Stati Uniti, Europa e Cina, questa realtà diventa ancora più netta, ed entro il 2022, il CAGR dovrebbe stabilirsi a 8,8% negli Stati Uniti, 8,7% in Europa e 14,1% in Cina.