Uno studio effettuato in Danimarca e appena pubblicato su Occupational and Environmental Medicine rivela una correlazione tra lavorare di notte e un incrementato rischio di aborto spontaneo.
Si tratta per la precisione di uno studio di coorte prospettico effettuato su lavoratrici, molte delle quali del servizio sanitario danese, che effettuano sovente turni notturni negli ospedali.
Studio di coorte significa che si tratta di uno studio che segue persone sane prima che mostrino alcun sintomo di una patologia, prospettico vuol dire che si seguono due gruppi sani uno dei quali è stato esposto a una presunta causa di patologia, in opposizione a studio retrospettivo che analizza casi clinici di una patologia di interesse. In realtà studio di coorte e prospettico sono praticamente sinonimi.
Questo studio non è stato il primo ad indagare il tema, ma è unico per numero di casi esaminati e accuratezza dei dati a disposizione, i ricercatori guidati dalla dottoressa Luise Moelenberg Begtrup del Bispebjerg and Frederiksberg Hospital di Copenaghen, hanno avuto accesso ai dati delle buste paga di ben 22.744 donne incinte lavoranti nei servizi pubblici e li hanno incrociati con i dati del registro nazionale danese delle nascite e delle ammissioni in ospedale per aborti spontanei per cercare di determinare se ci fosse una relazione tra lavorare di notte e casi di aborto spontaneo nel periodo di gestazione tra la quarta e la ventiduesima settimana.
La correlazione esiste e sembra diventare più forte a partire dall’ottava settimana, meno significativa invece nelle prime settimane. Questo dato però potrebbe essere influenzato dal fatto che gli aborti spontanei per anomalie cromosomiche avvengono nelle prime settimane e declinano dopo quindi è più difficile mettere in relazione quegli aborti molto prematuri con cause ambientali.
Le donne che avevano lavorato due o più notti durante la settimana precedente hanno registrato un rischio di aborto spontaneo superiore del 32% a quelle che non avevano effettuato turni di notte nella settimana precedente.
L’aumentare del rischio è risultato essere influenzato sia dal numero di turni notturni che dal fatto se fossero consecutivi, ovviamente in entrambi i casi il rischio cresce, sia in base quindi al totale delle notti lavorate che all’evenienza che si lavorasse per più notti consecutivamente. Trattandosi di uno studio puramente osservazionale i ricercatori non sono in grado di spiegare il meccanismo e dunque provare un meccanismo causale nella correlazione, ma è abbastanza per porre sul tavolo la questione in termini di regolamenti nazionali in tema di salute sul lavoro. Comunque un’ipotesi i medici la azzardano, le donne che lavorano molto di notte sono esposte a luci notturne il che disturba il loro ritmo circadiano, il che, è stato provato, porta e un minor rilascio di melatonina ed è noto che la melatonina sembra avere un ruolo in una sana gravidanza, forse proteggendo la salute della placenta.
Roberto Todini