Quando lo scorso 23 febbraio gli Stati Uniti, tramite la USAid (Agenzia per lo Sviluppo Internazionale), hanno cercato di far entrare gli “aiuti umanitari” in Venezuela (quantificabili in circa 20 milioni di dollari) in collaborazione con il governo colombiano e il governo brasiliano, hanno trovato la strada sbarrata, come era già stato preannunciato dal governo di Nicolás Maduro.
I principali media internazionali hanno raccontato questo fatto come l’ennesima violenza del “dittatore” venezuelano, che negava persino l’ingresso di cibo e di medicine, arrivando addirittura ad ordinare di bruciare i camion.
Le cose non sono andate proprio così
Innanzitutto, l’iniziativa statunitense era fortemente politicizzata e seguiva le ripetute minacce pubbliche di un possibile intervento militare da parte del governo USA (“Tutte le opzioni sono sul tavolo”). Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha rifiutato di prendere parte al piano per l’ingresso degli “aiuti umanitari”. Il portavoce in Colombia, Christoph Harnisch e il Direttore operativo, Dominik Stillhart, hanno dichiarato che non avrebbero partecipato a “una cosa che per noi non è aiuto umanitario” e che consideravano avere un “carattere politico“. Dello stesso avviso è stato il portavoce dell’ONU Stephane Dujarric, il quale ha sottolineato che “le azioni umanitarie devono essere indipendenti da obiettivi politici, militari o di altro tipo“.
Da segnalare come il governo venezuelano sia in contatto costante sia con la Croce Rossa, con cui ha recentemente (febbraio 2019) concluso un accordo per estendere il programma di aiuti a circa 18 milioni di dollari, che con le Nazioni Unite, che hanno stanziato 9,2 milioni di dollari lo scorso novembre, per rifornimenti di cibo e medicine. In parallelo prosegue la collaborazione con i Paesi alleati quali Russia, Cuba, Turchia e Iran.
Al contempo gli Stati Uniti continuano a imporre sanzioni economiche al Venezuela, peggiorando la crisi economica del Paese. Uno studio del CELAG (Centro Strategico Latino-americano di Geopolitica) dimostra come il Paese sudamericano abbia avuto mancati ingressi di circa 19 miliardi all’anno e una perdita nella produzione di beni e servizi tra i 260 e i 350 miliardi, a causa del blocco finanziario internazionale e delle sanzioni imposte dal governo nordamericano nel periodo 2013-2017.
“Aiuti umanitari” dati alle fiamme
Soprattutto, non trova fondamento l’accusa rilanciata a mezzo stampa e via social da Guaidó, dai rappresentati del governo USA, dal presidente dell’europarlamento Tajani e dai principali media internazionali, secondo i quali la Forza Armata venezuelana schierata al confine con la Colombia sul ponte Santander ha dato fuoco ai camion con gli “aiuti umanitari” (al cui interno sono stati trovati anche cavi di ferro, chiodi e maschere antigas, vale a dire l’occorrente per le proteste violente). Appena diffusasi la notizia, è risultato evidente come questa versione non stesse in piedi, già solo per il fatto che i militari usavano lacrimogeni mentre i manifestanti lanciavano bombe molotov. Ora un nuovo video pubblicato dal New York Times mostra le immagini di un protestante che lancia una molotov caduta proprio nel punto da cui poi divamperà l’incendio.
Un falso pretesto strumentalizzato ad arte per condizionare l’opinione pubblica e giustificare la crescente aggressione ad un Paese che si rifiuta di sottostare ai diktat di Washington.
Alessandro Rettori