Dopo oltre due anni e nove mesi in una prigione turca, la pittrice curda Zehra Dogan è libera. A rendere nota la sua storia un murales di Banksy apparso sui muri di New York.
Dogan – giovane pittrice curda – è libera. La condanna a 2 anni 9 mesi e 22 giorni era arrivata nel 2017. La sua colpa? Aver pubblicato un suo dipinto sui social media. L’accusa contro la pittrice curda era quella di “propaganda terroristica” per il suo quadro dove le rosse bandiere turche sventolavano sulle macerie della città di Nusaybin – nel sud-est curdo del Paese – dopo le operazioni militari di Ankara contro il Pkk, il Partito dei lavoratori curdi.
La giovane Dogan è oltre che pittrice, giornalista e attivista per i diritti delle donne curde. Aveva infatti fondato Jinha, un agenzia di stampa curda femminista con una redazione tutta al femminile.
La condanna
Nel giugno del 2017, la Corte d’Appello aveva condannato Dogan a quasi tre anni di detenzione nella prigione di Diyarbakir, dopo che l’artista aveva già passato sei mesi in carcerazione preventiva . Solo qualche mese prima era stata assolta dall’accusa di appartenenza all’ organizzazione illegale Pkk. Ma per il magistrato Dogan resta una sostenitrice del partito, anche se non un suo membro, come sentenziato dal giudice di primo grado. L’artista arrestata la prima volta nel 2016, si trovava in un locale da thè nella periferia di Nusaybin. I poliziotti erano arrivati qualche settimana dopo che Dogan aveva diffuso sui social network la riproduzione.
Tra le mure affollate della prigione turca, a Dogan non era permesso introdurre né libri né pennarelli. Ma la giovane pittrice non si è mai arresa ed ha continuato a raccontare i soprusi subiti dal popolo curdo anche dal carcere: i suoi colori sono stati il cibo ed il proprio sangue mestruale e i suoi pennelli i lunghi capelli e le proprie dita. Queste opere dal carcere sono state rese visibili grazie alle foto che il compagno dell’artista, Onur Erdem, ha realizzato durante le visite trimestrali.
Un murales di 20 metri
La storia di Dogan, sconosciuta ai più, è stata resa nota dal celebre artista Banksy che gli ha dedicato , lo scorso anno, un murales di 20 metri lungo i muri di New York, rappresentandola dietro le sbarre. Lo stesso Banksy ha reso noto solo qualche mese dopo, di aver ricevuto una lettera dall’artista stessa. Nella lettera – pubblicata sul profilo instagram di Banksy – la donna descrive le terribili condizione della prigione di Diyarbakir, sua città natale: “Ti sto scrivendo questa lettera illegale da una prigione che ha una storia di sanguinose torture. ” E la lettera prosegue “questa lettera è illegale perché ho un divieto di comunicazione che mi vieta di inviare lettere e fare telefonate, quindi sto scrivendo e consegnando questa lettera in modi clandestini“.
Francesca Peracchio