La guerra del Vietnam fu uno dei conflitti più sanguinosi del XX secolo. Vide un gigantesco impegno da parte degli Stati Uniti nel cercare di controllare la “minaccia comunista” che imperversava nella parte Nord del paese.
La guerra del Vietnam scoppiò infatti durante la cosiddetta “guerra fredda”, un periodo connotato da una fortissima tensione tra gli Stati Uniti e la Russia e tutti i paesi governati dai vari partiti comunisti come, appunto, il Vietnam del Nord.
L’impegno statunitense durante la guerra del Vietnam fu giustificato soprattutto dalla “teoria del domino”, l’idea espressa per la prima volta dall’allora presidente Dwight Eisenhower il 7 aprile 1954 e che paventava il pericolo che l’eventuale cduta in mano al comunismo anche di un solo stato dell’Indocina avrebbe portato alla geopolitica mondiale. Per tale motivo gli USA temevano che nel momento in cui il Vietnam sarebbe divenuto totalmente comunista avrebbe portato una serie a cascata di conquiste da parte degli alleati della Russia.
Questo fu quello che i comunicatori americani fecero trapelare maggiormente per ottenere l’appoggio dell’opinione pubblica.
Questa dichiarazione del presidente che si mostrava convinto della doverosità della guerra del Vietnam giunse però solo due mesi dopo la conferenza del febbraio 1954 quando lo stesso Eisenhower dichiarò pubblicamente le sue preoccupazioni riguardanti l’imminente guerra e sconsigliò l’intervento americano. Nonostante queste preoccupazioni, dopo 10 anni di convincimento dell’opinione pubblica la guerra del Vietnam scoppiò e fu la più sanguinosa sconfitta della storia americana. In circa 10 anni di conflitto infatti morirono quasi 55 mila soldati statunitensi totalmente sopraffatti dalla tecniche dei Vietcong, i guerriglieri vietnamiti che con le loro tecniche e la loro conoscenza del territorio surclassarono le forza a stelle e strisce.
La comunicazione presidenziale statunitense durante la guerra del Vietnam fu inoltre uno dei più grandi scandali della politica americana. Difatti nonostante le numerose sconfitte nelle varie varie fasi del conflitto i presidenti che si sono succeduti continuavano a convincere il popolo della necessità della guerra del Vietnam e della futura, sicura vittoria degli Stati Uniti.
Solo anni dopo, grazie al lavoro delle redazioni del New York Times e, soprattutto, del Washington Post si riuscì a svelare come tutti i presidenti che si susseguirono durante la guerra, Johnson, Eisenhower, Kennedy e Nixon, mentirono per anni causando la morte di migliaia di soldati utilizzati in una guerra che gli Stati Uniti non avrebbero mai potuto vincere.
Questa vicenda comunicativa della guerra del Vietnam è stata di recente raccontata nel capolavoro di Steven Spielberg “The Post” che vede come protagonisti Tom Hanks e Maryl Streep e che è stato premiato con l’oscar come miglior film nel 2018.
Matteo Furina