Con baby pensioni si intendono quelle pensioni erogate a lavoratori del settore pubblico che hanno versato i contributi previdenziali per pochi anni.
Motivazioni: I disordini successivi al ’68 e la destabilizzazione possibile sul modello latino-americano suggerirono delle misure per disattivare l’esplosione di una bomba sociale incombente. Tra le tante possibili si scelse la distribuzione a pioggia, nel mondo dei dipendenti pubblici, di una forma di regalo scollegato da ogni sano principio economico: mandare in pensione tante giovani persone per favorire il ricambio della Pubblica amministrazione. Ecco inventate le…baby pensioni.
Il provvedimento fu votato a larga maggioranza da entrambi gli schieramenti. Chiaro che dietro si nascondeva una motivazione elettorale alla quale tutti i partiti assegnavano la forza di un premio in termini elettorali dalle fasce elettorali coinvolte dalla riforma.
Chi: Le baby pensioni furono introdotte in Italia nel 1973 dal governo Rumor con una legge che all’art. 42 diceva: – Nei casi di dimissioni, di decadenza, di destituzione e in ogni altro caso di cessazione dal servizio, il dipendente civile ha diritto alla pensione normale se ha compiuto venti anni di servizio effettivo. Alla dipendente dimissionaria coniugata o con prole a carico spetta, ai fini del compimento dell’anzianita’ stabilita nel secondo comma, un aumento del servizio effettivo sino al massimo di cinque anni.
Paradosso: Nel 2011 i pensionati complessivi con meno di 50 anni erano oltre mezzo milione e di questi 425.000 erano pensionati INPDAP ossia del pubblico impiego. Il costo complessivo annuo era di oltre 9 miliardi di euro.
Cessazione: La riforma Dini eliminò le baby pensioni ed introdusse la pensione di anzianità.
Oggi il nostro sistema previdenziale deve sostenere un esborso di circa 10 miliardi di euro per retribuirli.
Insomma, oltre il 5% della spesa per assegni pensionistici serve a coprire l’esborso verso quelli che riuscirono ad andare in pensione con una manciata di anni di lavoro.
L’applicazione dell‘art.42 ha determinato che, all’epoca, bastassero alle impiegate pubbliche con figli, appena 14 anni sei mesi e un giorno per andare in pensione.
Tutti i dipendenti statali potevano ottenere la pensione dopo 19 anni, sei mesi e un giorno.
Mentre dipendenti degli enti locali che potevano ritirarsi con 25 anni di contributi.
Qualche anno fa fece scalpore il caso Manuela Marrone, moglie dell’Umberto Bossi nazionale, che ha fatto l’insegnante fino a 39 anni, e da qualche decennio incassa un assegno mensile di 766 euro.
In Lombardia (110.497 baby pensionati), Piemonte (48.414), Veneto (56.785) ed Emilia Romagna (52.626), si concentrano una parte importante dei privilegiati.
Tra i politici c’è anche Leoluca Orlando, sindaco di Palermo che ha pensato bene di andare in pensione a soli 42 anni.
Qualcuno ricorda il caso di Adriano Celentano in pensione dal 1988.
Antonio Di Pietro, che abbandonata la toga e sceso in politica optò per un prematuro pensionamento dalla magistratura e oggi incassa un assegno mensile di 2.644 euro (lordi) al mese.
L’ex vicedirettore generale della Banca d’Italia, Mario Sarcinelli, benché giovanissimo gode di una pensione di 15mila euro al mese.
Come Rainer Masera (andato in pensione a 44 anni) con 18mila euro al mese.
C’è anche la maestra con la pensione da 800 euro scarsi al mese.
Ma l’elenco pubblicato da Mario Giordano (Sanguisughe, Mondadori), è molto lungo.
Saranno stati baby pensionati, allora, ma se consideriamo che il meccanismo va avanti dagli anni ’70 e che siamo nel 2016 credo che di fronte l’ennesima preoccupazione dell’esplosione di una bomba sociale ben più alimentata dagli effetti di una crisi ormai strutturata e di un debito pubblico ormai inesigibile, se non nella parte degli interessi, a questo punto imponga una riflessione molto pacata.
Sarà impopolare, sarà “ ingiusta “ ma una manovra che riveda questo pezzo di mondo privilegiato si impone.
Carlo Mocera
Ormai bisogna attendere che i babypensionati passino a miglior vita perche’ il diritto acquisito e’ un pilastro della nostra legislazione civile e nessuna forza politica si assumerebbe la paternita’ di una iniziativa politica in direzione di una revisione di tale trattamento pensionistico.