Incontro con Dario Villasanta. Un viaggio iniziato fra le parole, le emozioni e l’incontro con giovani e promettenti penne che oltre ad avere una spiccata sensibilità, una vita particolare, mi stanno aiutando a fare il punto della mia di vita.
Non bastano solo le parole per vivere al meglio il mestiere del vivere, ma leggerle nel loro susseguirsi a volte ricercato, altre improvvisato ed altre ancora catturate come se potessero dissolversi da un momento all’altro. Nasce così questo confronto con Dario Villasanta, in modo spontaneo e dettato dall’ammirazione per il suo modo particolare di infilare parole come se fossero perline lungo il filo della vita.
Nato a Monza 42 anni fa, Dario Villasanta è cresciuto sul Lago Maggiore nella zona dell’alto “varesotto”, si diploma ed inizia a frequentare l’università, facoltà di Filosofia a Milano; lo fa per due anni e poi dopo aver ricevuto la cartolina del servizio militare si sposta in Toscana, dove conosce la donna che poi sposerà.
Viaggia lungo l’Italia Dario, e questi trasferimenti gli consentono di crescere e di arricchirsi a causa di un alterco avvenuto con un vigile chiamato dallo stesso a causa di una situazione che riguardava il suo matrimonio. Commette un reato e viene condannato nel 2009 in OPG (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) ad otto mesi di carcere, vi entra nel 2007, subisce un anno di condanna e viene essendo liberato solo nel 2013. Dario si scontra anche con uno spaccato di vita molto particolare che sicuramente ha lasciato tracce pesanti sulla sua anima. Al momento vive in Liguria presso una comunità terapeutica per mancanza di risorse per poter avere una casa propria, ed è in attesa di soluzioni.
Tutte queste parole Dario le racconta ed io non posso fare a meno di ascoltarlo e cercare di calarmi in quella che può essere stata la sua vita che non spetta a me giudicare e tantomeno commentare.
Oltre alla passione per la scrittura e la letteratura, fra le passioni di Dario Villasanta emerge quella per la musica: ha un passato come cantante non professionista rock ed attualmente sta incidendo un cd pop-rock con una band, i cui brani sono sempre scritti e cantati da lui.
E’ una persona che crede nel dialogo Dario e si evince ascoltando le sue parole, così come pure è un creativo nell’ambito della cucina, amando stare ai fornelli e creando sempre clima di grande giovialità, oltre che manicaretti gustosi che condivide con gli amici.
Mi colpisce questo aspetto della vita di Dario così come mi colpisce con le sue parole quando mi parla dello scrivere, del come lo intende e di come si sente scrivendo.
Riporto qui le sue parole:
“Scrivo perché ho dei limiti. Mi rimetto alla clemenza della penna sul foglio bianco (sì, scrivo ancora a mano) per dare a tutto quanto una piega diversa da quella che ha preso, in realtà, la mia vita disastrata, segnata da vicende giudiziarie che mi hanno fatto vedere l’inferno e tolto tutto: amore, famiglia, denaro. Scrivo perché ho delle emozioni forti. E’ una cosa che di me mi pare bella, perciò ho il desiderio di provare a dare a chi mi legge le stesse vibrazioni. Scrivo perché non è vero che ‘mi riesce naturale’, ‘è una parte di me’ e via dicendo con le frasi ad effetto. Niente di tutto questo.
Scrivere per me è una sofferenza, un parto vero e proprio, non c’è nulla di naturale nello scrivere, non con di fianco un compagno di stanza (vivo in una comunità) che intanto si agghinda per un appuntamento galante, o bestemmia perché di notte lavoro con l’abat-jour accesa, dal quale dormo a mezzo metro di distanza. Scrivo di notte e all’alba, nei momenti in cui vengo in contatto con la mia anima, nei momenti di pausa creativa rollo a mano sigarette fatte di tabacco e bevo brodo caldo da bicchieri di plastica. Intanto, nelle orecchie musica metal a palla, o ballate rock. E all’anima chiedo per favore di darsi un po’ a quello che creo, io ve la spingo dentro a forza, spremo me stesso in modo tale che le parole ne portino l’imprinting.
In una sorta di trance creativa mi metto sotto autoanalisi, mi scavo dentro, tiro fuori e ripercorro il mio io più profondo mano a mano che vergo segni sulla carta, solo dopo riesco a snebbiare la vista e a vedere ciò che ho scritto. Scrivere per me è anche rivalsa da ciò che ho passato, è dare voce a tutti coloro che ancora credono in me e con me hanno passato l’inferno del carcere e degli OPG, pur non appartenendo a quella distorta realtà. E’ tutto qui, non c’è altro da dire, nessun segreto, scrivo perché sono imperfetto. E spero che nelle mie storie vi sia qualcosa di migliore di me”.
Ascolto queste parole e onestamente non mi interessa molto (come sempre mi capita di dire) dare risalto a persone già note, ma dare l’opportunità nel mio piccolo a queste storie di vita, magari anche rigide e disgraziate, di dimostrare che ci si può risollevare anche diventando persone sicuramente migliori di ciò che eravamo, e non importa quanto tempo dovrà trascorrere ancora per avere una casa e una situazione di vita migliore: ciò che conta è alla fine la bontà dei movimenti che compiamo e l’utilizzo che, nonostante tutto, siamo ancora in grado di fare delle nostre esperienze.
Veniamo al libro di Dario Villasanta che si intitola Angeli e Folli, come ciò che tutti siamo o potremmo diventare facilmente.
Angeli e folli è un noir crudo e intenso, in cui i tre personaggi principali, Dax, Giulia e Domenico, si scambiano di continuo ruoli e riflessioni. Tentando di salvare una situazione di quest’ultimo che precipita, dibattendosi tra la legge rigida dello Stato e quella altrettanto dura della strada, cementano un rapporto che va al di là del semplice bisogno reciproco e danno vita al sorgere di sentimenti contrastanti, ribaltamenti di fronte e colpo di scena finale.
I personaggi di questo romanzo sono facilmente ricollocabili nella realtà poiché ne fanno parte, possiedono dure corazze accompagnate da cuori malleabili e duttili ma soprattutto onesti.
Sicuramente una storia particolare che incuriosisce, accompagnata da dialoghi che racchiudono sensibilità ed umanità. Il libro è ambientato a Milano, narra di strada e delle sue vicende e la strada – si sa – ha molto da narrare.
Questo libro è un’autoanalisi spietata: Dario lo ha scritto scavandosi dentro fino a definire la sua stesura una vera e propria tortura, non è un testo autobiografico anche se in questo libro si trova molto di Dario.
Questo libro Dario lo vuole dedicare a tutti coloro che hanno passato o stanno passando l’inferno e ve ne sono molte di persone in difficoltà oppure che provengono da esperienze di vita molto forti, che potrebbero condividere i loro racconti con noi rendendoci migliori proprio come ha fatto e sta facendo Dario Villasanta.
Angeli e Folli è un libro che si snoda fra apparenze e disperazione, ascoltando la voce del cuore forse sopita o forse solo dimenticata.
La nostra chiacchierata si avvia al termine, Dario rientra nella sua vita, fra i suoi fogli e le sue parole, io ritorno alla mia tastiera portando dentro me questo racconto, questo spaccato di vita che farà crescere anche la mia vita diversamente, arricchendola di nuove sfumature e di nuovi angoli di osservazione.
Grazie a Dario Villasanta e a chi ha letto fino a qui per questa bella testimonianza di vita e sentimenti.