Armando Diana e i suoi nipoti, Antonio e Nicola Diana, sono stati arrestati oggi a Caserta. I tre si erano fatti un’ottima reputazione come imprenditori anti-clan. Anti, quindi contro. I loro nomi erano associati al rispetto della legge e alla lotta contro il crimine organizzato.
Avevano anche assunto nella loro azienda il figlio di Domenico Noviello, imprenditore ucciso nel 2008 perché aveva denunciato e fatto arrestare alcuni estorsori della camorra.
Il cognome dei tre arrestati è lo stesso di Mario Diana, padre di Antonio e Nicola. Anche Mario era un imprenditore, aveva una società di trasporti. Fu ucciso a soli 49 anni il 26 giugno 1985 a Casapesenna, nel casertano. Secondo le ricostruzioni voleva proteggere la sua azienda dalla camorra.
Un quadro familiare che stride con quanto avvenuto oggi, quando la Squadra Mobile di Caserta, nell’ambito di un’indagine della Dda (Direzione Distrettuale Antimafia) di Napoli, ha arrestato i tre imprenditori per concorso esterno in camorra.
Il patto con il clan
I Diana gestiscono l’Erreplast, un’azienda che si occupa dello smaltimento della plastica ricavata dalla raccolta differenziata. Avrebbero stipulato con la camorra un vero e proprio patto: da una parte i Casalesi garantivano libertà operativa alla Erreplast, dall’altra i Diana assicuravano al clan grosse somme di denaro e altri favori. Sarebbe grazie a questi accordi che l’azienda dei tre imprenditori ha raggiunto la posizione privilegiata di cui gode.
Un ideale tradito
A Mario Diana fu intitolata nel 2013 l’omonima fondazione. Una onlus nata per dare continuità ai valori per cui l’imprenditore perse la vita. Lo stesso Antonio Diana in quei giorni dichiarava:
Continuiamo ad andare avanti consapevoli di avere un debito nei confronti non solo del mio papà ma di tutti quelli che hanno perso la vita a causa della criminalità organizzata.
Nella sua mission la fondazione dichiara anche che
Il suo impegno è costantemente orientato allo sviluppo di una convivenza sociale giusta, libera e fondata sui principi della Costituzione italiana, con particolare attenzione alla eco-sostenibilità, alla promozione dell’imprenditorialità sociale, alla diffusione di una cultura della partecipazione, frutto di sinergia e collaborazione tra i singoli.
Sarà difficile continuare a pensare ai tre come a imprenditori anti-clan. Ora sono agli arresti domiciliari per ordine del GIP Del Tribunale di Napoli.