L’anno appena trascorso ha segnato una svolta fondamentale nel settore della robotica. Per carità siamo ancora lontani dagli sviluppi fantascientifici nella relazione tra uomo e androidi a cui ci hanno abituato tanti libri celebri della fantascienza. Dai classici di Asimov e dalle sue leggi della robotica, passando per i rapporti piuttosto ambigui e irrimediabilmente complicati dei romanzi e racconti di Philip Dick.
A ricordarcelo, se ce ne fosse bisogno, il web, dove cercando tra i migliori robot del 2018, piuttosto che umanoidi senzienti con capacità sovrumane compaiono, tra i risalutati di ricerca, una interminabile carrellata di robot aspirapolvere. Che per carità, una mano la danno pure e in fatto di pulizie e raccolta di polvere sono insostituibili, ma da qui ad alimentare la fantasia di trame fantascientifiche ce ne corre e parecchio.
Eppure la robotica nel 2018 ha visto la presentazione di progetti esternamente interessanti che anche in Italia hanno avuto protagonisti d’eccezione.
Come l’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) di Genova che a Luglio del 2018 ha presentato un robot altamente specializzato per il soccorso, battezzato Centauro. Omen nomen del resto, visto che l’umanoide ha le fattezze dell’animale mitologico, dotato di quattro appendici mobili e di un busto dalla forma umana. Sarà impiegato in futuro per operare in zone di pericolo a fianco di operatori umani. La sua struttura esternamente leggera – non supera i 100 chili di peso – la sua elevata manualità e la capacità di manipolare attrezzi ne faranno un ausilio essenziale per i gruppi di soccorso. Un progetto che si inerisce tra quelli già portati avanti dall’IIT come iCub e Robot 1, entrambi in fase di sperimentazione e che fanno dell’istituto ligure una delle eccellenze del territorio italiano nel settore della robotica.
Senza dubbio la palma d’oro in fatto di promozione e valorizzazione dei robot a livello mondiale spetta nel 2018 a Sophia. L’umanoide presentato in pompa magna lo scorso anno ha colpito tutti non solo per la sua capacità di interazione con gli esseri umani, ma anche per le notevoli doti espressive. Difficile immaginare Centauro alle prese con una conversazione, cosa che invece Sophia sembra svolgere egregiamente. Il suo algoritmo interno di apprendimento si basa, infatti, sull’esperienza e migliora tanto più si relaziona con le persone. Un umanoide creato per essere un social bot che troverà in futuro applicazioni in campo sanitario, educativo o in ambito domestico.
La capacità di apprendimento di un robot come Sophia è resa possibile grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale che costruiscono il nucleo di queste macchine. Algoritmi il cui studio è sempre più affidato a programmi in grado di simulare la complessità della vita umana. Simulazioni che trovano nel settore del gaming un terreno particolarmente ricco di spunti, esempi e sperimentazioni.
L’AI denominata Alpha Zero che ha sbaragliato tutti super computer attualmente in circolazione deve il proprio successo a ore e ore passate a giocare a scacchi e go. In questi caso, proprio come per Sophia, l’algoritmo sviluppato dalla britannica Deep Mind è in grado di imparare dalle esperienze precedenti e sviluppare strategie autonome per battere l’avversario. Un problema però c’è, ed è di fondamentale importanza per comprendere gli attuali limiti della robotica. Quando gli algoritmi artificiali si trovano alle prese con giochi più complessi e definiti dai matematici a informazione imperfetta come è il caso del poker ad esempio, dimostrano molte difficoltà. Come ben sanno del resto i giocatori umani che su piattaforme digitali come unibet sperimentano diversi giochi di carte tra cui il blackjack e il poker, le informazioni in loro possesso sono limitate e ciò che conta è una strategia, e una tattica che in questo caso sembrano fare la differenza tra uomo e macchina. Le cose diventano ancora più complicate quando le AI si trovano alle prese con giochi che simulano le complesse variabili e scelte del mondo reale come è il caso di starcraft2, videogame multiplayer di fronte al quale gli attuali sistemi di AI non possono fare altro che arrendersi.
Non mancano comunque robot che, nell’anno appena trascorso, sono stati protagonisti di performance eccezionali, cimentandosi in attività ludiche di fronte alle quali molti di noi getterebbero la spugna. Atlas ce l’ha fatta. Il robot esperto di parkour, in una simulazione in laboratorio, supera ostacoli come tronchi e postazioni disposte su più livelli; con una leggerezza e nonchalance che fanno venire parecchia invidia.
Se poi siete alla ricerca di un robot coccolone stile Teletubbies, ma meno invadente, potreste pensare in futuro di fare entrare nella vostra abitazione il robot Lovot, progettato in Giappone per simulare affetto. Avvolto in quello che sembra un morbidoso pile verde e con cinquanta sensori disposti sul corpo dovrebbe, secondo il suo costruttore, far stare bene chiunque lo tocchi. Mica poco.