Tagli ai fondi all’editoria: fatto.
Il vicepremier Luigi Di Maio esulta per le misure sull’editoria, incluse nelle legge di bilancio. Misure che prevedono nuove tasse sui servizi digitali, provocando sconcerto tra gli editori. Altro intervento previsto è l’eliminazione graduale dei fondi diretti all’editoria, percepiti da piccoli giornali di ridotte dimensioni e da testate nazionali. La web tax taglierà tale contribuzione a partire dal 2020 e sarà effettivamente eliminata in tre anni. Solamente 150 aziende a fronte di circa 18 mila testate prenderanno ancora il contributo statale diretto. Non si fatica a immaginare quali potranno essere le testate finanziate, e quali no. Prostitute e pennivendoli se la dovranno vedere da soli.
Nella legge di bilancio è previsto anche il credito di imposta per le edicole che già pagano Imu e Tari. In questo modo otterranno un credito di imposta pari a 2000 euro a esercizio. Vengono anche introdotte nuove regole per il credito di imposta sulla pubblicità incrementale. Saranno inoltre limitati gli incroci per i possessori di aziende editrici e tv.
La beffa della scopiazzata web tax
Ma parliamo ora della web tax, la nuova tassa del 3% sui servizi digitali. Nome scopiazzato da un’altra web tax, quella pensata per far pagare le tasse ai colossi di Internet – Google, Facebook, Amazon – e che non ha niente a che vedere con questa. La versione dimaiese applica la nuova tassa anche a chi, le tasse, già le paga. Vengono così colpite molte aziende italiane che fanno uso dei servizi digitali per vendere un prodotto, con fatturato globale superiore ai 750 milioni di euro (di cui almeno 5,5 derivanti da servizi digitali).
“Una nuova tassa – ha affermato il presidente della Federazione Italiana degli Editori – che rischia di deprimere ulteriormente i bilanci delle imprese. La web tax dovrebbe essere uno strumento per il riequilibrio della concorrenza dei diversi operatori nel mercato digitale e per far pagare le tasse a chi oggi non le paga in Italia, ma non può costituire un alibi per una forma generalizzata di nuova tassazione sulle imprese italiane con il rischio di riduzione degli investimenti e della occupazione”.
C’è da chiedersi quale sia il messaggio criptato dietro questa inquietante mossa e cosa significhino i tagli previsti all’editoria. Che i 5s stiano forse cercando di far passare l’idea che la libertà di stampa non sia più necessaria?
Ilaria Genovese
Sono d’accordo solo in parte con quanto affermi!
Concordo sul fatto che questo governo non stia per niente aiutando l’editoria, vedi il taglio ai finanziamenti, ma per quanto riguarda la web tax sarebbe opportuno chiarire cosa sia.
La web tax è un’imposta – cito dal testo del maxi emendamento alla manovra – che si “applica ai soggetti che prestano servizi digitali e che hanno un ammontare complessivo di ricavi non inferiore a 750 milioni di euro e che hanno anche un ammontare di ricavi derivanti dalla prestazione di servizi digitali non inferiore a 5,5 milioni di euro”.“
Mi vuoi dire quali sono gli editori che fanno quei volumi? Sul digitale!
Prima di fare certe affermazioni sarebbe opportuno documentarsi.
Dal bilancio 2017 del Gruppo Gedi. Ricavi netti consolidati, pari a € 633,7 milioni. Dalla terza trimestrale 2018. “Il digitale riguarda l’11,3% dei ricavi netti. Ora volendo anche solo prendere i ricavi netti dei primi tre trimestri (487 milioni) fanno la bellezza di 55 milioni di euro. Eccone qui uno. Basta leggere i bilanci.
Ma scusa Sergio, se i ricavi netti sono inferiori a 750 milioni (633,7 è inferiore a 750, Giusto?) Gedi non rientra in questo quadro sei d’accordo?
Il fatto che i ricavi dal digitale superino i 5,5 milioni non fa entrare il gruppo Gedi nelle società tassabile, perché la legge dice che debbano essere superate entrambe le due condizioni e non che si debba superare una delle due condizioni.
Ciò detto, resto del parere che questo governo non faccia nulla di buono per l’editoria, Ma dire che la la web tax ucciderà l’editoria mi sembra azzardato.
Sarebbe stato opportuno invece scrivere su chi vuole la web tax e perché questo governo tra web tax e riforma del copyright abbia scelto di sposare l’dea della web tax e non sostenere la battaglia del copyright.