Era una giornata mite come tante altre, quella del 4 dicembre 1993 a Los Angeles. La temperatura d’inverno scende di rado sotto i venti gradi, ma per la musica, quel giorno ha segnato la fine di un’epoca: quel giorno moriva Frank Zappa.
Il più grande, eclettico e anarchico compositore e sperimentatore della musica contemporanea degli ultimi 50 anni, perdeva la sua partita con un cancro alla prostata, ma non prima di aver annunciato la sua intenzione a candidarsi alla Presidenza degli Stati Uniti d’America.
Era inevitabile che il simbolo del provocatoriamente scorretto globale, che non ha mai risparmiato un colpo all’establishment, utilizzasse una qualche forma originale di discussione e poi, come lui stesso dichiarava; “non potrei fare peggio di Ronald Reagan”.
Il valore del linguaggio zappiano travalica i confini della norma e dell’eccezione, ponendosi come un caso unico nella storia del rock.
Una grande fantasia creativa e compositiva, unita a un eclettismo anticonformista e conservatore, rendono Frank Zappa un personaggio trasversale, capace di ritagliarsi un posto non definito all’interno della Popular music, ma anche un ruolo progressivo nell’alveo della musica colta e d’avanguardia.
Nemico giurato della stupidità e del conformismo intellettuale, Frank Zappa scelse consapevolmente la via meno lastricata, ponendosi come artista di confine, tra le contraddizioni della scena Hippie e le difficoltà di un riconoscimento non ufficiale come musicista colto.
La commistione di linguaggi, suoni e ritmi diversi fra loro fu da sempre il nettare che il nostro italo-americano di Baltimora preferì: un batterista nato con il swing nel sangue, i ritmi selvaggi di Igor Stravinskij, la sperimentazione acustica di John Cage e Edgar Varèse.
E così mentre i suoi compagni giocavano a football e pensavano solo alle ragazze, il 15enne Frank Vincent chiese come regalo di compleanno di chiamare al telefono proprio il compositore Varèse.
La cultura musicale di Frank Zappa si divide proprio di questi linguaggi: la tradizione espressionista mitteleuropea, il futurismo americano e i ritmi del blues e de Jazz, infarcite dal Doo Wap e i cori a cappella. Tutti elementi che Zappa riuscirà a utilizzare e dosare alla pari di un alchimista dei suoni, mostrando in questo un atteggiamento colto, quanto estremamente rigoroso e tirannico; in contrapposizione con il libertinismo di costume dei figli dei fiori, per i quali non ha mai nutrito alcuna simpatia.
E così mentre la colonna sonora del 1967 era Sgt. Peppers Lonely Hearts club band dei Beatles, Franz Zappa che tra le sue fiamme ha avuto anche Nico e Janis Joplin, risponde l’anno dopo con l’album We’re only in it for the money del 1968, dove più che la musica dei Fab Four egli prendeva di mira la cultura psichedelica del periodo, piena di fiori, acidi e altre contraddizioni.
Seguendo i precetti di Edgar Varèse, il quale diceva: “Non esiste l’avanguardia, esistono solo persone che restano un po’ indietro”, Frank Zappa riuscì combinare temi e stili apparentemente scollegati tra loro, in libere successioni costitutive di un brano e dello stesso album. Una visione dadaista che, nonostante l’apparente carattere aleatorio e improvvisativo, riesce a confluire in perfette e complesse strutture orchestrali, frutto di un lavoro maniacale che non prevedeva distrazioni alternative alla componente musicale.
“Sono parecchio folle e oltraggioso”, dichiarò Frank Zappa in un’intervista, ma in un modo che la gente riesce a comprendere”.
Era parecchio insolito, in un mondo fatto di musicisti che per la maggior parte non ascoltavano musica classica né conoscevano la notazione tradizionale, vedere un chitarrista capace di scrivere intere partiture, alcune delle quali particolarmente difficili da eseguire; ma l’idea di Frank Zappa era quella di superare la distinzione di generi e stereotipi e diventare autonomi in tutte le fasi della creazione.
Nel secondo album Absolutely free, è possibile comprendere appieno come la padronanza musicale del genio riesca non solo a creare un linguaggio personale e innovativo, ma anche come sia possibile unire il doo wop a Stravinskij, il rock alla Motown, il blues di Howlin’ Wolf e alla sperimentazione in salsa Sun Ra.
Una discoteca e un archivio ancora ignoto
Questa regola accompagnerà il musicista in tutte le fasi di una carriera prolifica come mai nessun altro. I devoti di Frank Zappa che sono riusciti a reperire la sua immensa discografia sono pochi al mondo: si parla di oltre 67 dischi inediti a cui si aggiungono le pubblicazioni postume, i live e i bootleg da collezione, per un totale di oltre cento pubblicazioni disponibili. Questo materiale è solo una parte dell’enorme e sconosciuto archivio di un genio dedito alla composizione e alla realizzazione di un vero e proprio teatro musicale dell’assurdo, dove elementi estremi, scandalosi e spettacolari riuscivano a entrare in sintonia con una band di 10 elementi o un orchestra intera, lasciando dopo 25 anni un’eredità complessa e ancora misteriosa su come sia riuscito un solo uomo a compiere un’impresa artistica del genere. Frank Zappa rimane ancora oggi il simbolo della libertà creativa e della lotta allo pensiero unico anticonformista.
Ha detto di lui Tom Waits:
“Frank Zappa governa la musica con Elmore James e Stravinskij alla sua destra; e non chiamatelo fricchettone: verrà a tirarvi i piedi mentre dormite”.
Fausto Bisantis