Era il 21 maggio 2012: una data che ai molti non dice nulla ma che qualcuno, come il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, non potrà mai dimenticare.
«Fu una giornata afosa quel 21 maggio. […] Quando il risultato fu certo, i Portici del Grano divennero una calca. “I grillini si sono presi Parma”, battevano le agenzie stampa di tutta Italia, e non solo: ricordo in piazza la CNN e la Fox, poi il New York Times, il Guardian e Le Figaro. “I grillini si sono presi Parma”, si ripeteva sbalorditi. Ecco, pensai, facendomi strada tra le telecamere, a Parma si sta chiudendo un ciclo. In Italia, invece, se ne stava aprendo uno tutto nuovo»
(Pizzarotti, 2016: 18)[1].
E, in effetti, il neo sindaco ci aveva visto giusto: un ciclo tutto nuovo per l’Italia. Con l’elezione dello stesso Pizzarotti, Parma diventò il primo capoluogo amministrato dal Movimento 5 Stelle, la stessa forza politica che oggi guida, insieme alla Lega di Salvini, il governo del nostro Paese. Poco più di sei anni che per certi aspetti possono apparire come un’era geologica, soprattutto tra chi, proprio a Parma, sosteneva che “quelli durano massimo tre mesi, garantito”.
Parma, Beppe Grillo la definì la “Stalingrado d’Italia” e tutti, in città, ricordano ancora oggi come “in quel 2012 Parma fu davvero caput mundi, l’inizio di un percorso politico, tuttavia da studiare e interpretare” (Pizzarotti 2016: 23). Da studiare e interpretare, appunto. Con questo intento è appena stato pubblicato dalla casa editrice Epoké il volume “Parma: 5 anni a 5 Stelle? Pizzarotti, da Grillo a Effetto Parma”, scritto da Mara Morini (Università di Genova) e Maria Elisabetta Lanzone (Università di Padova). Con la prefazione di Ilvo Diamanti.
Nonostante questo iniziale successo – che certamente inaugurò il cammino del M5s verso le istituzioni rappresentative – i rapporti di rottura netta tra il fondatore Grillo e il sindaco Pizzarotti segnarono anche la prima importante spaccatura all’interno di un percorso di cambiamento, controverso e ancora in atto, di quello che oggi è uno dei due partiti che compongono la maggioranza che appoggia il governo guidato da Giuseppe Conte. L’esperienza amministrativa a Parma resta dunque centrale per comprendere a fondo il M5s, dalle origini, fino ad oggi.
Per analizzare dall’inizio la strada che ha condotto il M5s fino al parlamento (italiano ed europeo) bisogna partire da una data simbolica, il 16 luglio 2005, quando il comico Beppe Grillo – già da qualche tempo ideatore di un influente blog ultrapersonale – decise di pubblicare un post dal titolo “Incontriamoci” dove si annunciava la creazione della sezione italiana della piattaforma Meetup. La stessa era stata già usata in precedenza in occasione delle elezioni primarie negli Stati Uniti, dove era stata testata con grande successo. Una sorta di antenato dei social network che utilizziamo abitualmente oggi, dove era possibile iscriversi per creare gruppi chiusi con un preciso scopo (single-issue). Da quel momento i gruppi locali (non chiamiamole mai sezioni!) e territoriali del M5s (allora ancora semplicemente “Amici di Beppe Grillo”) iniziarono a diffondersi con due scopi principali “la necessità di rifondare la politica, dal basso, ripartendo dai Comuni” (la dimensione locale/civica in un momento in cui i “partiti non stavano già più facendo i partiti”) e la necessità di “incontrarsi da subito, di persona” (al diavolo il partito del web). Questo – con tutte le conseguenze che ne sono succedute – fu il primo step verso la costituzione di liste civiche, che si concretizzò nella primavera del 2008, quando i candidati si aggregano sotto un unico “marchio”, il primo concesso direttamente dallo staff di Grillo, secondo regole prestabilite (sì, una sorta di franchising). La decisione di dare vita ad un soggetto politico nazionale, con un nome, e un simbolo (pure un proprietario dello stesso), arrivò, però, dall’alto, nel 2009 quando Grillo decise di fondare ufficialmente, a Milano, il “Movimento 5 Stelle”. Nel frattempo – dal basso, e quindi in maniera in parte autonoma e parallela – i gruppi locali avevano continuato il loro silenzioso organizzarsi, in vista di una nuova tornata elettorale amministrativa: la partecipazione delle liste a 5 stelle quell’anno (sempre il 2009) si espanse in 52 comuni con i migliori risultati al centro-nord. Il vero ingresso “rumoroso” all’interno del Palazzo avverrà però l’anno successivo, nel 2010, quando il M5s eleggerà due consiglieri regionali in Piemonte e altrettanti in Emilia Romagna. E arriviamo così a quel 2012 citato in apertura: fu quello stesso anno a decretare la definitiva affermazione del M5s come forza politica competitiva dal punto di vista elettorale, aprendo la strada al risultato delle elezioni politiche di febbraio 2013, quando l’allora “partito di Grillo” fece il suo ingresso all’interno del Parlamento nazionale.
Le stesse elezioni politiche portarono a un risultato inedito per la storia dell’Italia repubblicana. Alla sua prima prova elettorale di livello nazionale, la nuova formazione politica rappresentata dal M5s ottenne oltre il 25 per cento dei consensi, sconvolgendo l’intero quadro politico, in un sistema dei partiti che era rimasto pressoché “congelato” dal 1994 (per dirla con Stein Rokkan) e cioè da quando Forza Italia e Silvio Berlusconi avevano fatto il loro ingresso sulla scena, anzi la loro “discesa in campo”. Come sappiamo, il risultato di quelle elezioni condusse ad una lunga e difficile formazione di un governo, che portò, in ogni caso, la XVII Legislatura praticamente alla sua scadenza naturale e il M5s a prepararsi, non senza qualche importante dissidio interno e un cambiamento di leadership (quella di Luigi Di Maio), ad una nuova sfida elettorale, approfittando ancora del contesto di instabilità, per brevità “crisi”.
Come sono andate le cose, dopo, e cioè durante le elezioni del 2018, è storia recentissima e ancora, in parte, da scrivere. Ciò che abbiamo voluto qui sottolineare è l’evoluzione di quello che oggi è uno dei due partiti di governo, partendo dall’analisi di un caso specifico, quello di Parma, che porta con sé diverse peculiarità. La prima, resta legata al successo personale di Pizzarotti, oggi ancora sindaco di Parma sotto l’etichetta di “Effetto Parma” e ideatore di un progetto politico di portata nazionale “Italia in Comune”; la seconda si collega, invece, al carattere “populista” e protestatario con cui il M5s è nato. Il M5s oggi rappresenta, infatti, un caso di “populism in power” rischiando di andare in contro, come è avvenuto in gran parte a Parma, a quello che la letteratura politologica definisce carattere “overpromising” e di divenire “compromesso e colluso” con le stesse elite al potere, che tanto era state contestate. Il medesimo compromesso che Pizzarotti definisce “realismo”.
In conclusione, e chiarito che chi studia la politica “non prevede il futuro” (come tiene spesso a sottolineare nei suoi interventi Ilvo Diamanti), tre possono essere attualmente i fattori principali, in grado di influenzare lo scenario in divenire:
- l’evolversi dei rapporti tra i “gemelli diversi” Lega e M5s, legati anche al risultato (più simbolico, che reale) delle elezioni europee della prossima primavera;
- la capacità organizzativa (spesso sottovalutata) del M5s di tenere insieme le sue componenti eterogenee e l’alternarsi di spinte dall’alto e dal basso che da sempre hanno caratterizzato la storia del soggetto politico (centralismo/decentramento), utile a fidelizzare una propria base, in tempi di altissima volatilità dell’elettorato (si veda ancora il caso della Lega);
- la capacità di risposta che le altre forze politiche esterne all’area di governo (e provenienti soprattutto dal centro-sinistra) avranno in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, e cioè dalla nuova offerta politica che potrà essere costruita anche durante questo periodo di opposizione. Un appuntamento da osservare con la lente della ricerca socio-politica? Le nuove primarie del Partito Democratico e il tentativo dello stesso di riorganizzarsi attorno a una nuova (e in ogni caso) faticosa leadership.
Maria Elisabetta Lanzone