Lavoro in nero nell’azienda del padre di Di Maio.
E’ l’accusa, molto pesante di Salvatore Pizzo, ex dipendente della ditta edile della famiglia dell’attuale vice-premier e Ministro del lavoro e dello sviluppo economico Luigi Di Maio.
In una denuncia affidata alla trasmissione “Le Iene”, Salvatore Pizzo dichiara di aver lavorato in nero per circa due anni, nel periodo che va dal 2009 al 2010 , all’interno dell’azienda di costruzioni di Antonio Di Maio a Pomigliano D’Arco. Si tratta dell’ennesimo fulmine a ciel sereno che si scaglia sulla tormentata ricerca di autorevolezza del Governo giallo-verde; un accusa che si carica di un peso maggiore, poiché va a colpire il ministro del lavoro, proprio sul terreno che lui stesso dovrebbe combattere senza remore.
Il lavoro nero che è alla base della precarietà della classe lavoratrice del terzo millennio, diventa ancora una volta un motivo di scontro politico e sociale, le cui vittime predestinate rimangono i lavoratori.
Ed è così che se i fatti fossero confermati, Salvatore Pizzo, da umile operaio diventerebbe protagonista inconsapevole di una vicenda imbarazzante per il Governo, ma soprattutto umiliante per un paese che non riesce trovare più la strada della correttezza professionale.
A questo si aggiunge anche un infortunio sul lavoro ai danni dello stesso Pizzo, sul quale Di Maio Senior avrebbe chiesto il silenzio per non incorrere in eventuali sanzioni.
La nota trasmissione Mediaset ha inevitabilmente chiesto una replica allo stesso Di Maio, il quale nega ogni coinvolgimento personale e dichiarando di essere sempre stato all’oscuro dei fatti. Il capo del movimento ha affermato che i fatti risalirebbero al periodo antecedente a quello in cui lui stesso avrebbe lavorato come operaio, prima di diventare socio dell’azienda al 50%.
Nell’intervista il vicepremier confessa di non aver avuto buoni rapporti con il padre per diverso tempo, promettendo comunque di andare fino in fondo per verificare la veridicità delle affermazioni di Salvatore Pizzo.
“È finita l’epoca del datore di lavoro contro il dipendente”
Così afferma il ministro spiegando il suo rapporto con l’azienda di famiglia, ammettendo l’errore e prendendo subito le distanze. Ma poiché le colpe dei padri non dovrebbero ricadere sui figli, ecco che il quadro generale si allarga alle vicende della famiglia Renzi e Boschi. Quest’ultima affida a un video messaggio l’augurio per il padre di Di Maio di non subire quello che suo figlio e i suoi amici hanno fatto passare alla sua famiglia.
Parole intense ed emotive che cercano astutamente di nascondere le reali responsabilità di una famiglia potente e delle facoltà politiche di chi sta dietro di essi; come se i guai causati da gesti scellerati e manovre spregiudicate non fossero più alla base della caduta di migliaia di persone abbandonate dal sistema che avrebbe dovuto proteggerle.
Tali effetti dovrebbero però “guidare” anche gli operai precari come Salvatore Pizzo, nati e cresciuti in quel tipo di sistema dove tutto è lecito, fuorché il rispetto della legge, a non piegarsi di fronte ai continui abusi che, in Italia stanno mietendo più vittime degli incidenti stradali.
La legge è uguale per tutti: per Salvatore Pizzo, per la famiglia Di Maio, per la famiglia Boschi; ogni violazione da parte di uno di essi, potrebbe costare la vita ad altri.
Fausto Bisantis