Muoviti con calma, assapora la lentezza.
Stavo seduto a quel tavolino da un tempo infinito. Stupido parlare di tempo, in questa circostanza; sembrava si fosse fermato da un pezzo, o mi avesse dimenticato lì. In quel luogo, in mezzo al nulla. I bambini ridacchiavano, rotolando dietro ad un pallone sgonfio. Li vedevo, come immagini sbiadite, che scorrevano sulla mia retina a rallentatore. Una lentezza infinita mi penetrava nelle ossa, rigettandomi su quella sedia, inerme, in balia degli eventi.
Sorseggiavo la mia ultima birra, che scorreva lenta lungo la faringe, accarezzando i miei sensi, solleticando le mie papille gustative; lasciandomi quei simpatici baffetti di schiuma, sulle mie labbra carnose.
“Vuoi oziare insieme a me?” Una scritta in stampatello, con una grafia fanciullesca e un poco ridicola, impressa a chiare lettere sul sottobicchiere della mia bionda.
Oziare era uno di quei termini che mai mi sarei sognata di pronunciare, prima di allora.
Stavo seduta al tavolino di quel bar da un tempo infinito. Forse erano giorni, forse anni.
Era davvero questa la misura della mia lentezza? La mia totale libertà?
La giornata della lentezza si celebrava lunedì 9 Maggio, come una ricorrenza fortemente promossa e sostenuta dall’Associazione “Vivere con Lentezza Onlus”, che da anni ricerca nuovi modi di vivere, basandosi sulla necessità di un rallentamento dei nostri ritmi di vita, sempre troppo frenetici. Io ho abbracciato completamente la causa, me la sono presa comoda, in totale libertà, e sto scrivendo adesso.
Ci sono quelle canzoni che mi riportano alla mente la mia infanzia, ore infinite trascorse in una multipla, che odorava di nuovo, di famigliare, misto all’odore di naftalina, che impregnava il sorpabito della mamma. Quelle ore di infinita atttesa, che precedevano l’arrivo in un luogo prestabilito. A me non importava dove. La sola cosa che contava era quel momento di pura libidine ed eccitazione; la mia lentezza, la mia attesa infinitamente lenta. Vivere quel momento rappresentava la mia lentezza, il mio godere fuori misura, il mio assorbire, come una spugna mai sazia, qualunque cosa mi scorresse accanto. Godevo a pieni polmoni della fragranza al sapore di rosa canina, che si spruzzava la mamma, come grazioso gioiello sulla camicetta, di certo per impressionare papà. Che mai una volta che notasse qualcosa. Attimi di novità, come alberi impazziti, fioriti e straboccanti di vita, che correvano fuori dal finestrino. E la mia fronte appiccicata al vetro, che ne percepiva il freddo della superficie liscia, anche con la punta del naso, perennemente rosso.
Quando rallentiamo, concediamo a noi stessi la meravigliosa opportunità di vivere il presente, nel pieno della nostra consapevolezza; colmando la nostra esistenza di un significato estremo, cogliendone gli aspetti più vivi e profondi.
La vita è in grado di espandersi, allargarsi, dilatarsi, verso l’infinito e anche oltre, se solo le concediamo la possibilità di farlo.
Prediligiamo la calma.
Focalizziamoci su ciò che la nostra giornata può offrirci, senza pensare al dopo, al perchè, al come.
Smettiamola di svolgere 400 azioni contemporaneamente, senza farne decentemente, neanche una.
Mangiamo, con tranquillità, mangiando e basta. Assaporando ciò che immettiamo nel nostro corpo, ascoltando i nostri sensi, e le nostre papille gustative.
Vivere dev’essere come sorseggiare quell’ultima birra in mezzo al nulla, godendo della magnifica senzazione della schiuma sulla calde labbra, che accolgono quel liquido frizzante, solleticare la faringe.
Il trucco è ascoltare il proprio respiro. E’ una pratica sottovalutata, ed estremamente complessa, più di quanto si possa pensare. Ma quando sale la rabbia, quando lo stress e il nervoso scorrono come acciaio vivo nelle vene, cristallizzandoti il cervello… Bene, respira.
Fai entrare dolcemente l’aria nei tuoi polmoni, e rilasciala piano. Respirare dolcemente ti aiuterà a renderti consapevole che la rabbia è solo un sentimento, e tu hai piena libertà di scegliere, se lasciarti o meno dominare da questo.
Apriamoci al mondo, confrontiamoci, assaporando una delle esperienze più intense e significative che possiamo vivere: l’incontro e il dialogo.
Rallentare, osservare la propria immagine, il proprio volto, riflesso nello specchio, e chiedersi dove si sta andando. Chiedersi perchè si sta correndo, e dove vogliamo realmente andare.
“Vuoi oziare insieme a me?” Una scritta in stampatello, con una grafia fanciullesca e un poco ridicola, impressa a chiare lettere sul sottobicchiere della mia bionda.
Non è necessario essere un maestro zen, per abbracciare la lentezza. E’ sufficiente vivere la vita come se sorseggiassimo quell’ultima birra, in quel posto sconosciuto, ascoltando quel liquido freddo scorrere, lungo la gola.
Vivere è come amare, godendo dei primi sguardi, dei primi incontri, di quella timidezza che rallenta tutto, e rimanda l’intenso piacere del sesso. Corteggiare, baciare, assaporandone ogni singola sfumatura. Fare l’amore, e godere di ogni piccola gioia e profondità, che la lentezza può offrirti.
Vorrei che la giornata della lentezza portasse il mio volto, ma anche il vostro; e non solo oggi, ma tutti i giorni a venire.
Elisa Bellino