«Oggi è un grande giorno per la protezione dell’ambiente e del clima».
Una frase che risuona da più fronti contrapposti, all’interno della galassia ambientalista tedesca. Il motivo è la storica sentenza della Corte della Renania settentrionale-Westfalia, che ha di fatto bloccato l’espansione della compagnia elettrica RWE, che voleva espandere la miniera di lignite, nel cuore dell’antica foresta di Hambach, vicino Colonia.
Si conclude, almeno per ora, una vicenda molto delicata che è iniziata nel 2012, quando numerosi attivisti decisero di intraprendere una serie di azioni di sabotaggio all’avanzata delle ruspe industriali, a tutela del bosco e della sua incredibile biodiversità.
Di fronte alla mano pesante delle forze dell’ordine, gli attivisti hanno deciso di “ritirarsi“; ma sugli alberi. Abeti e faggi alti anche 20 metri, sono diventati il rifugio di coloro che sono stati ribattezzati: gli abitanti degli alberi.
Non si è trattato di giacigli improvvisati, ma di vere costruzioni in legno, dotate anche di passerelle di collegamento; tutto attrezzato per sopravvivere sospesi tra terra e cielo.
Le miniere di carbone e il futuro dell’energia
Nonostante la sua vocazione rigorosamente ecologista, la Germania è storicamente legata al carbone e alle società minerarie. Questo perché il minerale è stato, per lungo tempo, un combustibile fondamentale per il funzionamento delle centrali elettriche, come la Rwe.
Con l’avvento delle energie rinnovabili, il carbone e in particolare il lignite, ha cominciato ad essere sostituito con fonti di energia pulita.
Ma le energie rinnovabili non bastano a coprire il fabbisogno energetico di una grande nazione industriale come la Germania ed è per questo che in casi eccezionali si è spesso ricorso allo sfruttamento dei vecchi giacimenti, e all’espansione delle miniere a cielo aperto.
Una lacuna alla quale la compagnia elettrica della Renania ha saputo sfruttare a suo vantaggio, attuando una politica di graduale acquisto dei terreni, per espandere la miniera di carbone a cielo aperto. Una decisone che ha messo in ginocchio i paesi vicino alla foresta di Hambach, progressivamente spopolati, ma un contraccolpo per la stessa Angela Merkel, definita più volte come “climatechanchellor” ossia Cancelliera del clima.
La debolezza del governo, unita alla confermata impossibilità per la Germania di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2020, hanno certamente favorito l’imponente avanzata dei verdi. Ma soprattutto hanno stimolato una riflessione generale che ha fatto leva su una fetta sempre più grande della popolazione, fino a diventare azione coordinata e precisa.
Le ruspe, la violenza della polizia e anche la tragica morte di un giornalista non sono riuscite a sedare la grande mobilitazione che si è creata intorno a questo caso, tanto che il 6 ottobre, il giorno dopo alla sentenza della Corte, è stato stimato che circa 50.000 persone, si siano radunate per chiedere la fine dell’estrazione di carbone in Germania.
Hubert Weiger, direttore di Friends of the Earth Germania ha dichiarato:
«Non ho mai visto una mobilitazione così grande per il clima. Abbiamo mandato un messaggio molto chiaro contro l’utilizzo del carbone».
La battaglia ecologista non è ancora vinta, ma la vicenda della foresta di Hambach rende una grande testimonianza di quanto il “terzo polo“ della politica tedesca, stia avendo gradualmente la sua rivalsa sulla scena ma anche di come sia possibile verificare un “metodo“, se non modello concreto di azione e consapevolezza alla base delle grandi battaglie per l’ambiente, in un paese che mostra ancora molte contraddizioni dal punto di vista sociale e globale.
Fausto Bisantis