Usare il patrimonio culturale come scenografia per eventi esclusivi da parte di aziende private è una pratica molto comune. In alcuni casi si può parlare di beni culturali messi in affitto da parte delle istituzioni pubbliche proprietarie degli stessi.
Questo comportamento è al centro di un perenne dibattito molto divisivo, talvolta anche feroce, sull’opportunità di questo particolare tipo di valorizzazione, cioè il prestito di monumenti storici e archeologici per ospitare eventi mondani di aziende private.
I critici a questa prassi vi vedono la riduzione del bene pubblico di valore culturale a mero salotto per un ristretto gruppo di ricchi privati, oltre a considerare tutto ciò un vero e proprio sfruttamento commerciale privo di qualsiasi valorizzazione del bene stesso. I favorevoli a tale utilizzo del patrimonio culturale mettono in evidenza come una valorizzazione del genere possa dare nuova vita al monumento, reinserendolo nuovamente nella società, che non lo vedrà più come un luogo distaccato e “morto” e legato solo al passato.
Per riportare alla memoria un esempio non troppo remoto, ha suscitato molte polemiche il desiderio della casa di moda Gucci di ambientare la propria sfilata di moda sull’Acropoli di Atene, il vasto complesso di edifici sacri dell’antica città di Atene. Il netto rifiuto delle istituzioni greche è stato applaudito da molti come una decisione coraggiosa, contraria alla tendenza generale di “svendere” il proprio patrimonio culturale in nome del profitto economico, che nega in parte la natura stessa dell’Acropoli come bene pubblico.
La questione tuttavia può essere discussa sotto un’altra prospettiva: lo sfruttamento di siti storici o archeologici come luoghi di ritrovo e svago può essere considerato accettabile anche quando i luoghi sono necropoli o luoghi di sepoltura di resti umani?
Due casi in particolare rappresentano uno spunto di riflessione: da un lato l’uso, nella maggior parte dei casi illecito, delle Catacombe di Parigi, dall’altro la sfilata di Gucci del maggio scorso tenutasi nella necropoli di Alyscamps, vicino ad Arles. Il direttore creativo di quest’ultimo evento è Alessandro Michele, lo stesso che ha proposto l’Acropoli di Atene come scenario per la sfilata di Gucci nel 2017 e che ha organizzato eventi simili nell’abbazia di Westminster e a Palazzo Pitti. La Promenade des Alyscamps è una necropoli risalente all’età romana, usata continuamente anche nel Medioevo e riprodotta da artisti famosi come Vincent Van Gogh e Gaugin; è citata anche da Dante nel canto IX dell’Inferno. E proprio atmosfere infere ha voluto trasmettere l’allestimento di Gucci. In cambio dell’uso del sito, Gucci ha donato dei fondi per la restaurazione del centro storico di Arles.
Nel caso delle Catacombe parigine però la situazione è molto più complessa, come viene spiegato in questo servizio del Guardian. Infatti, le Catacombe sono vietate all’acceso al pubblico, esclusa una piccola parte visitabile (piccola rispetto all’estensione totale delle gallerie sotterranee). In esse non sono solo riposte le ossa di sei milioni di parigini spostati dai camposanti sovraffollati all’inizio dell’Ottocento, ma il complesso sotterraneo comprende anche i bunker nazisti e le gallerie usate dalla Resistenza francese nella seconda Guerra Mondiale. Nonostante i ferrei divieti, le Catacombe sono utilizzate come luoghi di ritrovo per rave party e feste di Halloween: talvolta questi raduni lasciano la traccia del loro passaggio con spazzatura e atti vandalici. L’avvento di Internet inoltre ha reso noto ad una vasta moltitudine di persone le vie d’acceso per queste gallerie sotterranee, prima conosciute solo a poche persone. A fronte del vandalismo di alcuni visitatori, esistono gruppi di cosiddetti “catafili” (cataphiles in francese), che si occupano volontariamente si pulire e tenere in ordine le Catacombe dalle devastazioni dei “cataclasti” (fr. cataclastes). Anche il lavoro di questi volontari però è fatto, agli occhi dell’autorità ufficiale, nell’illegalità.
Scelte di cattivo gusto o cambiamento di mentalità?
Sebbene i due fenomeni riportati siano molto differenti per molti aspetti, è comunque interessante chiedersi se sia opportuno utilizzare le necropoli o gli ossari comuni come location per eventi mondani, anche in vista di una valorizzazione indiretta dei luoghi, oppure se questi comportamenti siano i segni di un nuovo rapporto con i morti e la morte. La diffusione di movimenti come il Death Positive Movement potrebbe portare alla ribalta un’idea della necropoli come luogo in cui vita e morte convivono in un rapporto meno conflittuale rispetto al passato: il progetto Capsula Mundi, è un’ulteriore espressione di un nuovo modo di atteggiarsi alla morte che sempre più persone stanno abbracciando.
Certamente l’aspetto principale che ne emerge è la necessità di un serio dibattito sulle potenzialità e i pericoli che la valorizzazione e l’uso, da alcuni considerato improprio, di certi beni culturali, al di là degli schieramenti, in quanto è reale la necessità di rendere vivi i luoghi di interesse culturale rendendoli luoghi di incontro della società, ma non è nemmeno accettabile utilizzare i medesimi siti come semplice ed elegante cornice per eventi mondani totalmente estranei al contesto circostante: ad esempio, le sessioni di fitness nelle sale dei musei, iniziativa adottata da molte istituzioni museali per tutto il mondo, sono quantomeno fuori luogo se non improduttive nell’incentivare una fruizione reale del patrimonio culturale.
Barbara Milano