In un tempo di Oscar politicizzati, Tre manifesti ad Ebbing di Martin McDonagh è stata una bella sorpresa l’anno scorso. Non mancavano certo i tocchi di filosofia SJW ma grazie al cielo non sono stati invasivi: la carica narrativa e la sapienza del regista aiutato dai suoi attori ha creato un ottimo thriller dei sentimenti.
Il film gioca sapientemente con molti motivi del cinema americano: il Dixon di Rockwell è dapprima un magnete per la nostra antipatia, collegabile al Norman Bates di Psycho per la presenza materna opprimente ed il comportamento che porta subito a farcelo vedere come colpevole.
Angela Hayes, la povera vittima che fa da MacGuffin per la vicenda ed il dipanarsi dei rapporti, si staglia nella mente come un fantasma costantemente evocato dalle parole dei protagonisti. Il regista porta subito a pensare le sottotrame più atroci: forse Willoughby (Harrelson) ha nascosto le colpe di Dixon?
Che ci sia una rete di sesso e crimine stile Twin Peaks ad inquietare la cittadina di Ebbing? Queste conclusioni sono fomentate e poi spente con un grande approccio realistico: la realtà è molto più sfumata e anti-manichea di quel che si pensi.
La virago Mildred della smagliante McDormand sembra si sia unsexed alla maniera di Lady Macbeth per conseguire i suoi fini. Toglie la pietà per favorire l’approccio selvaggio di attacco, da gatta che si vendica dell’attacco ai suoi mici innescando una reazione a domino.
La regia è classica, supportata da dialoghi letterari, con un incontro tra Mildred ed un daino che ricorda moltissimo quello della regina di The Queen (2005) con il cervo in Scozia.
Ma oltre alla caratterizzazione dei personaggi, il finale è la forza del film: è come se avesse scaricato la tensione delle prime ore con una brezza rilassata e distesa.
La pace torna tra Mildred e Dixon ora che sono uniti da una coscienza piena dei fatti: il colpevole non può essere trovato ma una vittima per sfogare tutto l’odio è necessaria. Lo humour aiuta moltissimo nella gestione del film e dei suoi tempi. Di certo rivederlo non potrà che essere un piacere per chi ama il cinema hollywoodiano di qualità.
Antonio Canzoniere