Come un fascio di raggi x, la tragedia di Genova penetra in questa Italia e la mette impietosamente a nudo.
Governi che hanno lavorato male per anni; lobbies potenti e radicate nel sistema, che hanno imparato a non temere le effimere alternanze della politica; partiti e movimenti dell’odierno “cambiamento” che hanno capito che le rabbie accumulate dalla gente in decenni di malgoverno sono una splendida zattera su cui fare viaggiare le proprie ambizioni, e le hanno sfruttate, e le sfruttano, con abilità da marketers. Salvini lo fa dimostrandosi quel capitano di lungo corso che è: si è scelto il percorso meno difficile ed economicamente più realizzabile – in particolare, la guerra agli immigrati – esibendo una eccezionale capacità di annusare ed evitare in tempo gli scogli; mentre Di Maio &Co., da capitani di primo pelo, entusiasti ma con poche ore di navigazione sulle spalle, hanno scelto un percorso difficile, e davanti agli scogli o rimangono a barcamenarsi cercando quadrature alle promesse, che in campagna elettorale erano state secche e di garantita realizzazione immediata – penso all’ILVA, al reddito di cittadinanza – oppure non li vedono proprio, e ci vanno a sbattere, salvo a disincagliarsi con faticose marce indietro. La reazione a caldo dei due viceministri al terribile fatto di Genova è un esempio delle differenze fra i personaggi. Di Maio ha subito dichiarato l’intenzione di revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia e sanzionarla. Salvini è apparso subito più prudente perché evidentemente era andato a leggersi il contratto, dal quale risulta che Autostrade in caso di revoca (indipendentemente dalla motivazione della stessa) avrebbe diritto a un risarcimento che a quanto sembra sarebbe plurimiliardario. E a proposito di scogli, Toninelli, ministro delle infrastrutture, ha dichiarato che il Governo si sarebbe costituito parte civile; ma in una intervista a La7 Antonio Di Pietro, che dice di essere un esperto in materia, ha dichiarato che sarebbe proprio un dipartimento del suo ministero ad avere il compito di vigilare sui comportamenti delle concessionarie. Insomma, se avesse ragione, il Governo rischierebbe di costituirsi parte civile contro se stesso.
Staremo a vedere.
In ogni caso a me la serie di “avanti col cuore, poi indietro col cervello” del Movimento fa paura. Perché non sempre la marcia indietro è possibile. Un caso emblematico è la posizione dell’M5S sull’euro: se il Movimento fosse andato al governo quando era decisamente contrario, oggi saremmo nei guai. Ma per fortuna allora non ci andò, e adesso ci ha ripensato. A chi gli ha contestato l’inversione, è stato risposto “Allora c’erano le condizioni, oggi non ci sono più”. Ecco, avrei preferito che la risposta fosse stata “allora abbiamo sbagliato, adesso staremo più attenti perché la prossima volta potremmo non essere così fortunati”. Ma mi pare che la voglia di piacere all’elettorato sia rimasta per quasi tutti i partiti il faro verso il quale dirigere le prue. A qualsiasi costo, e pazienza per gli scogli. E visto quello che succede al PD, che l’elettorato se lo è proprio dimenticato, tutto preso dalle beghe interne, forse hanno ragione loro.
E allora?
E allora io mi continuo a dichiarare orfano politico.