Paolo Sorrentino completa il cerchio con un film ellittico, estetizzante e debole. Si è molto parlato di cattiverie e dispetti alla figura del Cavaliere ma il problema è un altro: qui si tratta di una forza narrativa presente nella prima parte e che qui si sfilaccia in rivoli, rimandi, affettatezze che tolgono al film l’energia necessaria.
L’estetismo è cosa vampiresca: se non lo si brucia si diventa una sua vittima. Il Cavaliere qui mostrato non regala altro che una maschera posta sul volto di Servillo reso comico e a volte contratto in un sorriso inebetito e sgradevole da guardare. Si ha la sensazione che Sorrentino e Contarello abbiano capito poco il loro personaggio spruzzando sul film troppi profumi commerciali.
Lo stile non cambia ma serve poco i personaggi, soprattutto le macchiette di contorno. Il videoclip non è lontano e riesce ad uscirne solo la Lario della Ricci.
Questo ha creato una grande disparità iniziale rispetto agli incassi del primo. Il dittico unitamente ha incassato quasi 2 milioni ma non si può non pensare che il nocciolo non fosse altro che un’operazione anche turistica nella vita discussa di un periodo anche mal tratteggiato della politica italiana.
Le parole scelte non aiutano il protagonista: peccano di enfasi, ridondanza, non spiccano il volo né si fanno sentire per profondità. Si arriva a tratteggiare un ritratto inamidato in una narrazione che sembra stanca per ritmo e giuntura di blocchi narrativi.
La Grazia subentra con il Crocifisso estratto fuori dalle macerie ma non riesce ad operare sul film. L’episodio della dentiera è una gag abbastanza debole. Il Berlusconi che sarebbe potuto essere non è stato: era un film mancato, gravato da grande peso interiore, dalle ali tarpate.
Non si può che dire: che peccato.
Antonio Canzoniere