Siti archeologici italiani: non si sa con esattezza quanti ne possieda l’Italia ma di sicuro ce ne sono tantissimi, purtroppo sconosciuti a turisti e, peggio ancora, agli stessi italiani. Accertati sono: 145 statali aperti al pubblico e oltre 117 musei di antichità. Di quelli appartenenti agli enti locali o, perfino, privati che raccolgono, il più delle volte, pochissimi visitatori, “non c’è traccia”.
I turisti e gli appassionati di arte e cultura, purtroppo, si affollano sempre nei soliti posti. Le aree culturali dell’Italia che accolgono visitatori, con stragrande maggioranza, sono i siti archeologici situati a Roma (Colosseo e Foro Romano) e Napoli (Scavi di Pompei). I primi due sono visitati da sei milioni e mezzo di persone all’anno, mentre quasi tre milioni a Pompei.
Senza dimenticare Agrigento con la Valle dei Templi che, nel 2017, ha registrato 150mila turisti in più rispetto al 2016. Ancora ci sono i musei, tra cui i più visitati sono i Musei Vaticani, con oltre sei milioni. Quest’ultimo non appartenente allo Stato, bensì al Vaticano, e poi ancora Venezia e Firenze. La lista potrebbe essere ancora più lunga e consistente, ma si correda con poche città, siti archeologici e musei ai vertici.
Bisogna anche dire che un visitatore medio si ferma al massimo tre giorni, tempo per poter visitare – oltre ai punti principali di un area culturale – tutto ciò che vi è non ne avrebbe. Ma, perché non stimolare il suo interesse e spronarlo a ritornare? L’Italia antica è bellissima, ma probabilmente non è in ottima salute. Vediamo alcuni dei siti archeologici meno conosciuti, se non anche invisibili.
Egnazia (Gnathia) fu centro dei Messapi, Fasano (BR), in Puglia
Rappresenta uno dei siti archeologici più vasti, tuttavia meno noti, del Sud Italia. Situato sulla strada che congiunge Bari e Brindisi, a pochi chilometri da Ostuni e Alberobello. Un’antica città greco-romana sulla sponda adriatica della Puglia, di fatti Egnazia costituisce l’esempio più esteso di città romana e tardoantica della Puglia.
Eppure le sue origini, o a quale popolo attribuire la sua fondazione, restano avvolte nel mistero. Si trova cenno, della città di Egnazia, nel primo secolo a.C., negli scritti, tra gli altri, di Strabone e Orazio. Nel mondo antico ebbe gran importanza dovuta alla sua posizione strategica: la presenza del porto e della via Traiana la resero fiorente centro di commercio.
Edificata su un precedente insediamento preistorico, un villaggio sorto intorno al XV secolo, si registra anche l’invasione degli Iapigi. Fu poi popolata dai Messapi a partire dal VIII a.C., quando diverrà una fiorente città sotto l’influenza greca. Dapprima la città entra a far parte della Repubblica e in seguito dell’Impero romano fino alla sua decadenza nel Medioevo.
Uno degli aspetti interessanti di Egnazia sono le tombe messapiche scoperte nelle necropoli. Spesso presentano decorazioni pittoriche che forniscono informazioni pertinenti alla cultura e alle credenze sull’aldilà, diffuse tra il IV e II secolo a.C. Oltre agli affreschi, vi sono numerose tombe a camera – stanze sotterranee di grande dimensione scavate per intero nella roccia – e a semi-camera, inferiori. La realizzazione di tombe monumentali attesta la presenza di una classe aristocratica emergente.
Il parco archeologico di Grumentum, Grumento Nova (PZ), in Basilicata
Il parco archeologico di Grumentum è situato all’interno del Parco Nazionale dell’Appenino Lucano. I ruderi della vecchia città romana della Lucania si trovano su di una collinetta tra il torrente Sciaura e il fiume Agri. La fondazione della città risale al III secolo a.C. al contrario dei primi insediamenti abitativi che risalgono al IV secolo a.C.. Circondata da una cinta muraria con sei porte era dotata di un impianto urbanistico semplice, tre strade principali ed una serie di stradine che si incrociavano con quelle principali.
Dell’antica Grumentum romana restano tre complessi monumentali. Il primo è costituito da un teatro dell’età augustea, due tempietti di età imperiale e da una domus patrizia: la casa dei mosaici. Il secondo corrisponde all’area del Foro antico; sul lato nord sorge il cosiddetto Capitolium. Sul lato sud il presunto Cesareo. Il terzo complesso è composto dai resti dell’anfiteatro, costruito nel I secolo a.C. e modificato in età imperiale.
L’antica polis della Magna Grecia: Elea-Velia, Ascea (SA), in Campania
Elea (Hyele) è un’antica polis della Magna Grecia, denominata in epoca romana Velia, situata in contrada Piana di Velia. Nel comune di Ascea, in provincia di Salerno. E’ uno dei gioielli contenuto all’interno del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Fondata, nella seconda metà del VI secolo a.C., dai greci provenienti da Focea come base di supporto nel Mar Tirreno per gli scambi commerciali con le popolazioni italiche e gli abitanti delle coste del Mar Egeo.
Elea assunse le caratteristiche di una città autonoma ed in forte espansione, inoltre anche una notevole importanza culturale per la sua scuola presocratica. Nota come Scuola Eleatica fondata da Parmenide e portata avanti da Zenone, l’allievo. Nell’88 a.C. Elea divenne municipio romano (ascritta alla tribù Romilia) con il nome di Velia. Intrattenne ottimi rapporti con Roma tanto è vero che prese parte alle guerre puniche fornendo flotte navali.
Gli Scavi avviati nel 1921 grazie ad Amedeo Maiuri, hanno riportato alla luce gran parte dell’antica città. La struttura urbanistica dell’antica Velia emerge articolata in tre nuclei: il quartiere meridionale, il quartiere settentrionale e l’acropoli.
Area archeologica di Libarna a Serravalle Scrivia (AL), in Piemonte
Situata a sud dell’abitato di Serravalle Scrivia, lungo la strada (ex S.S. 35 dei Giovi) che conduce a Genova. L’area archeologica della città romana di Libarna venne scoperta nel XIX secolo, durante gli scavi per la costruzione della Strada Regia dei Giovi (1820-1823). In seguito per il nodo ferroviario Torino-Genova (1846-1854). Tutt’oggi – come nell’età imperiale, quando la città era posizionata lungo una delle principali direttrici di traffico, via Postumia – Libarna mantiene la sua posizione strategica.
Tra i siti archeologici la cui struttura permette di leggere l’articolazione topografica della città che presentano richiamo all’età romana imperiale. Il principio del popolamento va associato, in base ai reperimenti, all’età protostorica, invece le prime tracce archeologiche in corrispondenza dell’attuale area di Libarna sono databili tra la metà e la fine del I secolo a.C.. Il toponimo Libarna, di origine preromana, compare in alcune fonti antiche (Plinio; Itinerarium Antonini; Tabula Peutingeriana).
La colonia romana di Luni, Ortonovo (SP), in Liguria
Fondata dai Romani nel 177 a.C. sulla riva sinistra del fiume Magra, importante porto fluviale e marittimo fu eretta su un preesistente sito. Presumibilmente un emporio etrusco gestito dai liguri. Come ricorda il geografo Strabone, questo porto era già noto ai Greci, che l’avevano segnalato col nome di Selene; la divinità greca fu bruciata dai Romani con Luna-Diana e da essa la colonia stessa prese il nome.
I reperti archeologici della città, oggetto di scavi a partire dal Rinascimento, sono inclusi nel percorso di visita del Museo Archeologico Nazionale di Luni. L’area archeologica include diverse aree tra cui: il foro, l’area capitolina, il decumano massimo, la Basilica civile, la curia e il cardine massimo. Ancora il Grande Tempio e alcune dimore signorili.
Luoghi ignoti e ancor meno valorizzati
L’Italia è una costellazione di siti archeologici ed è, probabilmente, l’unico Paese al mondo dove sono passate così tante civiltà antiche. A dimostrarlo sono le tante testimonianze archeologiche rinvenute. Infatti, nella dimensione quantitativa del patrimonio archeologico, l’Italia è un paese competitivo, al contrario per quanto riguarda la capacità di trasformarlo in un’offerta appetibile. Non a caso, gran parte dei siti, oggi restano ancora ignoti e poco valorizzati.
Occorrerebbe, oltre alla tutela e alla valorizzazione dei siti, una buona gestione economica e amministrativa che spesso è carente. Ciò comporta, nonostante le sue ricchezze culturali, un calo del turismo. Oltretutto, è da tener presente che il 52% delle aree archeologiche statali è raggruppata nel Centro Sud e nelle isole. Ovvero luoghi meno “invasi” dalle grandi correnti del turismo. Ad aggravare ulteriormente sono anche le riforme che hanno privilegiato e puntato alla valorizzazione dei musei.