Pino Maniaci, giornalista e direttore del telegiornale “Telejato” di Partinico, nel palermitano, è stato accusato di reati estorsivi ai sindaci di Partinico e Borgetto, quali richiesta di posti di lavoro e di denaro in cambio di una linea morbida del suo telegiornale. Ma la notizia, diffusa tramite Repubblica, non ha avuto un riscontro legale, tramite mandati di accusa. Perciò cosa pensare, se non chiedere immediata chiarezza a proposito?
A seguito della diffusione della notizia su Repubblica, lo stesso giornale Telejato ha risposto con diversi comunicati stampa, nei quali viene espressa tutta la solidarietà a Pino Maniaci, giornalista da anni in prima linea nella lotta contro la mafia e ogni sorta di illegalità e la richiesta urgente di chiarezza, che ancora non arriva. Maniaci, infatti, non ha ricevuto nessun avviso di garanzia e nessun atto ufficiale, ma come tutti ha letto la notizia tramite giornale. Dal momento che il caso prosegue solo da un punto di vista mediatico, lo stesso Pino Maniaci ha scritto, sulla sua pagina facebook e sul sito del suo giornale:
“Io non so se l’indagine a mio carico esiste davvero, ma due sono i casi. Se esiste, allora si fonda su delle calunnie e per questo querelerò i calunniatori. In più ci sarebbe anche il reato di rivelazione del segreto d’ufficio, i responsabili del quale non possono che essere alla procura di Palermo o tra gli investigatori, nei confronti dei quali ovviamente procederò in sede legale. Io comunque non ho niente da nascondere e sono pronto a chiarire tutto. Se l’indagine invece non esiste, allora la notizia è una bufala e sono pronto a denunciare chi ha diffuso notizie false su di me. In tutti e due casi chiedo alla procura di Palermo di uscire dal suo silenzio e di rendere noto come stanno le cose.”
Maniaci ha scoperchiato, dall’ottobre dell’anno scorso, un grossissimo caso di corruzione, abuso d’ufficio e riciclaggio all’interno della procura di Palermo, con protagonista la signora ormai ex magistrato Silvana Saguto. A seguito di questo caso giornalistico e della conseguente misure di assestamento prese dal Tribunale, Maniaci è stato soggetto a querele e accuse di stalking da parte dell’avvocato Cappellano Seminara, anche lui “sotto il mirino” dell’indagine portata alla luce da Telejato. Quindi è facile, soprattutto per chi lavora con Pino e i suoi collaboratori, sostenere l’ipotesi di una massiccia dose di calunnie e nient’altro: non è la prima volta, infatti, che dopo un operato a favore della verità e della denuncia di illegalità, da sempre portato avanti nel lavoro di Maniaci, ci fossero riscontri negativi fatti di intimidazioni e vere e proprie denunce.
Scrivono ancora, in un articolo del 22 aprile:
“[…] fare giornalismo in sicilia è già difficile, le querele per diffamazione fioccano e ormai non si contano più, ma quando ci si mette anche la magistratura è il caso di chiedersi se non è meglio cambiar mestiere.”
Antonio Ingroia, ex pm e attuale avvocato difensore, insieme con Bartolo Parrino, nel caso Maniaci, anche lui ha espresso solidarietà e comprensione per la situazione difficile in cui il giornalista antimafia si è ritrovato coinvolto, sottolineando ancora la mancanza di prove legali che accertino questa indagine come vera.
Mentre ancora tutto tace, purtroppo, sui social la divisione tra chi ha fiducia nella figura di Pino Maniaci e chi invece lo diffama e lo sfiducia è già in fermento dal giorno della pubblicazione della notizia. Fenomeno rappresentativo e, forse, reale scopo finale di quello che sembrerebbero essere davvero accuse senza fondamento: dividere, fare polemica e scandalo, senza nessun fatto oggettivo.
Con maggior forza e convinzione bisogna chiedere subito chiarezza sulla questione, senza farla cadere nell’oblio, perché tanta attesa è già di sé un fatto gravissimo e segno di qualcosa di sospetto non tanto nell’accusato ma in chi, in questo caso, sta accusando. La verità è un dovere e diritto e noi siamo qui, aspettando che tutto venga alla luce.
Gea Di Bella