Il 9 agosto si celebra la Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni. Rappresentano il 5% della popolazione mondiale, ma abitano territori in cui si registra l’80% della biodiversità presente sulla terra e il 40% di aree incontaminate. Lottano per il diritto alla differenza, costruiscono unità nella diversità. Consapevoli del fallimento del capitalismo, chiedono nuove politiche che mettano al centro la protezione e la conservazione delle risorse della terra.
Bastano questi pochi dati per comprendere l’immenso valore del patrimonio culturale di cui sono portatori i popoli indigeni. I loro diritti sono stati sanciti nel 2007, anno in cui è stata adottata la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni.
Tra i diritti che proclama vi è il diritto all’autodeterminazione, a non essere espulsi dai propri territori e a godere dei frutti della propria terra. Questi diritti vengono violati in molti luoghi della terra da parte di multinazionali e ong che agiscono con il beneplacito degli Stati, eppure è ormai chiaro che la difesa dei diritti di questi popoli sia imprescindibile dalla lotta al cambiamento climatico.
Che cos’è l’etnoecologia
La consapevolezza di un legame tra i diritti dei popoli indigeni e la necessità della tutela dell’ambiente si è fatta sempre più chiara dagli anni ’90 in poi. E’ così nato l’etnoecologismo, ovvero l’unione dell’approccio indigeno a quello ambientalista.
Ong e popolazioni indigene hanno unito le loro rivendicazioni e messo in atto oltre 2.100 cause giudiziarie legate al cambiamento climatico solo nel 2022. Decisivo è stato il caso delle Isole dello Stretto di Torres in Australia. Nel settembre 2022, il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha dichiarato che l’Australia stava violando i diritti delle popolazioni indigene delle basse isole dello Stretto di Torres: infatti l’innalzamento dei mari, un effetto della crisi climatica, minacciava di allontanarli dalle loro case. Il governo Australiano, come molti altri, non sta mantenendo gli accordi mondiali di ridurre le emissioni di CO2 per limitare il surriscaldamento globale a 1,5° ed evitare la catastrofe.
La sentenza ha segnato la prima volta in cui un organismo delle Nazioni Unite ha rilevato che uno Stato ha violato le leggi internazionali sui diritti umani a causa di una politica climatica inadeguata.
Spesso invece le cause intentate dai popoli indigeni non proseguono per un mancato riconoscimento dei loro diritti legali, in quanto non sono proprietari delle terre che abitano. E’ quindi evidente come sia necessario rafforzare il diritto all’autodeterminazione dei popoli indigeni, come sottolineato durante la ventitreesima sessione del Forum permanente per le questioni indigene.
Hugo Jabini, un attivista del Suriname che ha ingaggiato una lotta decennale per contrastare il disboscamento e l’estrazione mineraria nella foresta amazzonica ha dichiarato
Sempre più popoli indigeni stanno prendendo coscienza del potere della legge. È il modo pacifico per assicurarsi i propri diritti. Se rispettiamo la legge, se i governi rispettano la legge, non abbiamo bisogno di conflitti armati.
I popoli indigeni sono i nostri occhi e la nostra voce
La situazione mondiale dei popoli indigeni è grave, in primo luogo l’Amazzonia. Sono recenti le immagini dei Mashco Piro. I Mashco Piro sono un popolo che abita la parte di Amazzonia peruviana e la cui sopravvivenza è a rischio a causa della società di disboscamento Canales Tahuamanu e per cui è attiva una raccolta firme.
Gli Hongana Manyawa, popolazione di cacciatori-raccoglitori nomadi dell’Indonesia, molti dei quali incontattati, stanno morendo di fame a causa del continuo disboscamento per l’estrazione di nichel da parte della società francese Eramet. Il surriscaldamento globale colpisce anche i Sami, popolazione indigena europea, che sta andando scomparendo. La guerra in Ucraina sta mettendo a dura prova i Tartari di Crimea, i Karaítas e i Krimchaks.
In Messico la criminalizzazione dei difensori dei popoli indigeni sta toccando record di casi di persone accusate ingiustamente e condannate ad anni di carcere vicini all’ergastolo.
L’aspetto da sottolineare è che i popoli indigeni non sono culture dagli aspetti folkloristici e ormai antiquati da sacrificare e adeguare in nome del progresso, come si pensava nell’immediato dopoguerra.
I popoli indigeni sono portatori di un sapere impareggiabile.
In un recente workshop indetto dal Vaticano dal titolo La conoscenza delle popolazioni indigene e le scienze. si è sottolineato come il 50% dei nostri farmaci deriva dalle conoscenze delle popolazioni indigene sulle proprietà curative delle piante.
In questi anni sono fiorite ricerche scientifiche che ammettono come la conoscenza indigena abbia dato un’enorme contributo alla scienza. Dalle prestigiose pagine della rivista scientifica Frontiers in Ecology and the Environment una ricerca sottolinea l’urgenza di integrare la conoscenza indigena e cambiare mentalità: non solo per il prezioso contatto e osservazione costante che i popoli indigeni hanno con la natura, ma anche per gli aspetti spirituali, per la consapevolezza dell’interconnessione dei fenomeni, di vita e ambiente, uno sguardo oggi quanto mai necessario.
Gli allarmi lanciati dal Forum permanente per le questioni indigene
Dal 2002 il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite ha dato il via al Forum permanente per le questioni indigene: ogni anno i leader dei popoli indigeni si confrontano con accademici e studiosi per mettere in luce problemi e trovare soluzioni.
Quest’anno il Forum ha sottolineato come la crisi del cambiamento climatico colpisca immediatamente i popoli indigeni che vivono grazie all’integrità dei loro ecosistemi, in primo luogo le donne.
Il Forum evidenzia il fallimento di un sistema economico insostenibile.
Il concetto di transizione verso una green economy continua a mantenere la stessa logica estrattiva che porta gli Stati e il settore privato a trascurare i diritti collettivi dei popoli indigeni, la lotta contro la povertà e la crisi climatica.
Per i popoli indigeni le soluzione prese finora hanno dato risultati negativi
L’obiettivo dell’economia indigena non è il profitto, ma piuttosto è una relazione olistica tra gli esseri umani e la Madre Terra
Il modello di green economy è un problema più che una soluzione
I partecipanti hanno notato che l’attuale modello di green economy è più un problema che una soluzione.
Hanno deciso che siano i popoli indigeni a ridefinire il significato di green economy.
Alcuni Stati tendono a combinare i popoli indigeni con altri gruppi sociali al fine di indebolire i diritti territoriali degli indigeni, creando così tensioni che degenerano in conflitti violenti tra i gruppi. Molti progetti di green economy non rispettano i diritti dei popoli indigeni, mettendoli in condizioni di povertà a causa dell’inquinamento delle risorse che sostengono la vita come l’acqua e il suolo, sconvolgendo i loro modi di vita.
I partecipanti hanno invocato l’unità spirituale dei popoli indigeni in difesa della terra, non come loro proprietà ma bene collettivo: un ambiente naturale che è stato preservato dai loro antenati prima della creazione degli Stati nazionali.
Anche la Ong Survival che dal 1969 si occupa dei diritti dei popoli indigeni, denuncia numerosi piani conservazione colonialista: molte multinazionali e aziende per compensare le emissioni di CO2 attuano piani di crediti di carbonio in cui i popoli indigeni subiscono razzismo, violenza e intimidazione.
Il Forum segnala che i popoli indigeni in isolamento volontario stanno affrontando una seria minaccia di espropriazione e distruzione dei loro territori ancestrali, nonché il rischio di genocidio, a causa del mancato riconoscimento dei loro diritti. Tra le altre minacce, sperimentano l’avanzata delle industrie estrattive, la rapida imposizione di monocolture, la deforestazione, la violenza e la presenza e proselitismo dei missionari, compresi i gruppi mennoniti.
Rafforzare i diritti dei popoli indigeni
L’Onu quest’anno ha indetto per il 9 agosto un evento virtuale per commemorare la Giornata internazionale dei popoli indigeni dal titolo Insieme otteniamo. Infatti nonostante ci siano dei finanziamenti a protezione della biodiversità destinati alle popolazioni indigene, nel Forum si denuncia come delle cifre stanziate arrivi solo l’1% effettivo di denaro che viene invece utilizzato da intermediari, come stati, enti e regioni.
Il Forum insiste sul rafforzamento dei diritti dei popoli indigeni da parte degli Stati, di una maggiore responsabilizzazione delle aziende e programmi educativi che integrino e valorizzino la cultura indigena, con particolare attenzione alle lingue, molte delle quali si stanno perdendo.
I popoli indigeni devono essere parte dei processi decisionali riguardanti la green economy, come sancito dalla in linea con la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle Popolazioni Indigene.
I leader della terra
Il sapere e la consapevolezza che i popoli indigeni possono trasmettere alle nuove generazioni sono tesori preziosi che non possono assolutamente andare dispersi. Se il tempo a nostra disposizione per contrastare il cambiamento climatico si sta esaurendo, i popoli indigeni possono diventare esempio e portavoce di un altro modo di vivere sulla terra.