Ci sono date che non si possono dimenticare. Uno di quei giorni che segnano la storia di un Paese. In quei momenti, la storia si colora di sfumature più o meno chiare, di figure eroiche e figure codarde, di buoni e di cattivi. Come in un film, date come queste segnano il midpoint di una nazione. Le cose poi non possono essere più come un tempo. Tutto è cambiato. L’8 settembre 1943 è una di quelle date.
La storia della sera che segna l’armistizio italiano con le truppe Alleate è in perfetto stile hollywoodiano. Vittorio Emanuele III ha preparato tutto in caso di abbandono della capitale, due caccia dovrebbero trasportarli al sicuro. All’improvviso una telefonata: è meglio spostarsi al Quirinale. Il re si mette allora in macchina, salvo poi tornare a Villa Ada per un contro ordine e poi tornare nuovamente al Quirinale per un consiglio della Corona.
C’è da avvisare il consiglio militare dell’imminente armistizio che coglie di sorpresa i presenti. La sera prima Badoglio ha disperatamente cercato di richiedere una proroga all’annuncio per evitare una ripercussione immediata dei tedeschi e il conseguente tracollo militare.
Mentre è in corso il consiglio, Eisenhower esplicita il rifiuto alla proroga. Attraverso Radio Algeri annuncia l’armistizio. Di lì a poco anche Badoglio si vede costretto a rendere pubblica la notizia.
“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze
anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza”.
Le notizie si susseguono: i tedeschi cominciano a rastrellare al nord. L’esercito è abbandonato a se stesso e non riceve più ordini.
Vittorio Emanuele III prende la Tiburtina in un viaggio che è quasi leggenda. La strada che conduce a Pescara è colma di tedeschi. I posti di blocchi si susseguono e il viaggio sulla “baionetta” prosegue.
Perché il re non fu mai consegnato? C’era forse un accordo con gli ufficiali nazisti?
Così molti soldati furono catturati, molti si unirono ai partigiani, l’operazione Achse segnò 60.000 morti o dispersi e 700.000 deportazioni in Germania.
La Guerra però non è mai giusta, e colpevoli per quell’8 Settembre 1943 che qualcuno definì “Morte della Patria” non ne furono mai trovati.