L’8 marzo si celebrano le donne, le loro lotte e le loro conquiste; tutto il mondo si prende un giorno da dedicare interamente al genere femminile, ma c’è davvero qualcosa da festeggiare?
Questa è la domanda che si pongono molte donne che oggi, 8 marzo, scelgono di scendere in piazza per gridare a voce alta il loro dissenso. Donne stanche, contrariate, avvilite dall’ennesimo femminicidio. Solo ieri due donne si sono aggiunte all’elenco in costante aumento, una a Salerno e l’altra a Messina. Entrambe vittime di chi diceva di amarle, confondendo l’amore con la proprietà.
Festa Internazionale della Donna: i femminicidi
Oggi più che mai è importante capire il significato della parola femminicidio, troppo spesso fraintesa. Con questo neologismo non cataloghiamo la tipologia di atto delittuoso, ma il suo movente. Quando una donna perde la vita perché ritenuta inferiore, una proprietà dell’uomo, che pensa di poter decidere della sua vita e della sua morte. Dal 2000 a oggi sono circa 3100 le donne vittime di una mascolinità tossica e di una cultura ancora troppo patriarcale.
Dall’inizio dell’anno più di 10 donne sono state vittime di femminicidio mentre sono 7 i milioni di donne che vengono picchiate, violentate o maltrattate. Dei numeri che fanno che fanno spavento quando affiancati a quelli delle vittime collaterali, i figli. Negli ultimi anni, secondo Alessandra Kustermann, direttore dell’Uoc del pronto soccorso Ostetrico-ginecologico e del Soccorso Violenza Sessuale e Domestica del Policlinico di Milano, la mano omicida è nel 70% dei casi quella di un famigliare: un marito, un compagno, il più delle volte un ex. Secondo la Kustermann è fondamentale ricordarci di questo, perché:
Usare le giuste parole permette all’opinione pubblica di percepire il fenomeno per quello che è. Lo straniero è raramente l’aggressore, quando i media sottolineano l’etnia invece che l’inaccettabile violenza subita dalla donna, si sposta l’attenzione sulla diversità anzichè sull’omogeneità dei comportamenti.
La violenza di genere tra i giovani
La violenza di genere è un fenomeno in continuo aumento, ed’è trasversale nelle diverse culture, classi sociali, etnie o religioni. Riguarda strettamente i rapporti di forza che legano gli uomi e le donne, sottolinea la Kustermann, e non risparmia neanche i più giovani. Questo almeno è quello che emerge da una ricerca si Skuola.net e Osservatorio Nazionale Adolescenza. Secondo i dati da loro raccolti 1 ragazza su 20 ha ammesso di essere stata picchiata dal suo fidanzato. Mentre 1 su 10 racconta di essere stata insultata, 1 su 5 ricorda di aver ricevuto una scenata di gelosia per un abbigliamento ritenuto troppo provocante. Comportamenti che spesso sfociano nella vera e propria ossessione, di ragazzi pronti a contrallare un sorriso di troppo o un amico in più sui social. A preoccupare però è la quota delle regazze che scelgono di perdonare questi comportamenti, 3 casi su 4.
Skuola.net e Osservatorio Nazionale Adolescenza insieme al Dipartimento per le Pari Opportunità hanno messo in piedi il progetto Don’t Slap me now. Questo ha lo scopo di educare i ragazzi, online e offline, all’affettività così da “vivere i sentimenti con equilibrio e rispetto dell’altro”. Un impegno partito già nelle prime settimane di gennaio che si propone di analizzare sia l’impatto delle tecnologie digitali sia la comprensione, da parte dei giovani, delle diverse forme di violenza.
Lo sciopero globale
Dall’8 marzo 1909 si celebra la Festa Internazionale della Donna, ricorrenza nata in America e giunta in Italia nel 1922. Oggi, a centodieci anni di distanza, la lotta continua e diventa sempre più impellente. Per questo donne di tutto il mondo hanno deciso di scendere in piazza per prendere parte allo sciopero globale. In Italia a portare la bandiera ci pensano le donne di Non una di meno, al grido di “Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo!”. Tema principale delle iniziative nostrane sarà il ddl 735 (Pillon), al momento al vaglio del Parlamento italiano. Un decreto che, secondo Non una di meno, “Intende riformare il diritto di famiglia, attacca le donne e strumentalizza i figli, azzerando anni di lotte e conquiste sociale”. Con un occhio teso anche alla questione migranti e a tutti ciò che, in un modo o nell’altro, vìoli l’altrui libertà.
Emanuela Ceccarelli