500 migranti prigionieri in Libia a seguito di un’operazione di respingimento attuata da Malta. Due organizzazioni umanitarie, l’ONG internazionale Alarm Phone e l’ONG italiana Emergency, hanno confermato la scomparsa di un’imbarcazione nel Mediterraneo centrale con circa 500 richiedenti asilo, tra cui un neonato e donne incinte
Lo scorso 23 maggio è stato segnalato un barcone alla deriva nel Mediterraneo con a bordo 500 migranti, i quali al momento sono prigionieri nella prigione di Bengasi in Libia. La prima segnalazione è stata effettuata da Alarm Phone, la piattaforma telefonica che fornisce assistenza ai migranti in difficoltà nel mediterraneo, la quale martedì aveva lanciato un SOS avvisando della presenza di un barcone in difficoltà con a bordo 500 migranti in fuga dalla Libia in zona Sar maltese, chiedendo dei soccorsi immediati. In particolare, secondo la ricostruzione delle ong: “la rete Alarm Phone è stata contattata da un gruppo di persone in pericolo, fuggite da Tobruk in Libia. Tra le circa 500 persone c’erano persone provenienti da Siria, Egitto, Bangladesh e Pakistan, oltre a 55 bambini, 45 donne, molte delle quali incinte ed un neonato. Il motore del peschereccio a doppio ponte aveva smesso di funzionare e l’imbarcazione era alla deriva”, aggiungendo che: “L’ultima posizione che abbiamo ricevuto era di 35 miglia all’interno della Sar maltese“.
Il soccorso delle ONG
Durante i giorni successivi al 23 maggio, le segnalazioni effettuate da parte di numerose ONG sono continuate, sottolineando la situazione critica in cui versava il barcone e la necessità di un intervento di soccorso immediato. Intervento che, come accade spesso nel contesto degli interventi di soccorso per i migranti in difficoltà in mare, è stato inesistente da parte delle autorità marittime contattate, Italia e Malta, le quali non si sono attivate. In particolare, La Valletta ha ignorato la richiesta di coordinamento dei soccorsi, mentre il Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso marittimo ha risposto dicendo che il caso era di competenza maltese. A dirigersi immediatamente sul posto da cui è partita la segnalazione è stata invece la nave di Emergency “Life Support”, la quale però inizialmente non è riuscita a trovare il barcone, temendo il peggio. Dalla Life Support hanno infatti fatto sapere: “Stiamo navigando a tutta velocità per salvare quante più persone possibili. Abbiamo chiesto a Italia e Malta di coordinare le operazioni ma nessuna autorità ha finora accettato di assumere la responsabilità dei soccorsi. Le 500 persone sul peschereccio sono scomparse. Siamo estremamente preoccupati per il loro destino, hanno il diritto di essere soccorse e non ignorate dalle autorità competenti“.
Il respingimento illegale di Malta
Le denunce e le segnalazioni nei confronti della situazione sono state numerose, anche il portavoce dell’Oim, Flavio di Giacomo, ha puntato la luce su come, ancora una volta, nonostante l’alto numero di persone in pericolo, l’intervento per salvare vite in mare stesse richiedendo come sempre tempi lunghissimi. Lo scorso 27 maggio la situazione si è poi sbloccata e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha diffuso la notizia che i 500 migranti a bordo del barcone alla deriva erano stati respinti in Libia, porto che come ribadisce sempre Flavio di Giacomo: “è un porto non sicuro dove i migranti non andrebbero mai riportati indietro” sia per il fatto che la guerra civile mai terminata continua a generare un clima di costante violenza e sia perché i migranti in Libia finiscono frequentemente nei centri di detenzione all’interno dei quali i loro diritti umani vengono puntualmente violati. Inoltre, ricordiamo che la Convenzione di Ginevra del 1951 prescrive che, secondo il principio di non respingimento o non-refoulment, è vietato respingere e riportare migranti e richiedenti asilo in un Paese dal quale stanno fuggendo e dove rischiano di essere perseguitati.
500 migranti prigionieri in Libia
Dunque, il barcone del quale per più di 48 ore si era persa qualunque traccia, è stato ricondotto in territorio libico, dove i migranti al momento si trovano in detenzione in una prigione di Bengasi. La conferma è arrivata da Alarm Phone, che ha comunicato che secondo i parenti dei 500 migranti a bordo del barcone, essi sono stati condotti in una prigione di Bengasi, dopo essere stati trainati a rimorchio per oltre 160 miglia nautiche (più di 300 km) fino al porto libico. “Un respingimento illegale, una vera e propria deportazione, coordinata da Malta”, evidenzia Alarm Phone. Le ONG, infatti, hanno sottolineato proprio come:
“Invece di soccorrere, e sbarcare in un luogo sicuro, le persone che hanno cercato di fuggire dalle violenze estreme che subiscono i migranti in Libia l’autorità di uno Stato membro dell’Unione Europea ha deciso di organizzare per procura un respingimento collettivo in mare, costringendo 500 persone ad attraversare oltre 300 km per arrivare in una prigione libica. Inoltre essendo la sistematica omissione di assistenza in mare da parte di Malta, all’interno della zona Sar di propria competenza, nota da tempo, le autorità italiane avrebbero dovuto mobilitare i soccorsi per proteggere 500 vite e garantire il loro sbarco in un luogo sicuro”.
Simone Acquaviva