45 Paletti senza nome

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36 donne 3 bambini e 6 uomini sono i morti senza nome che sono stati sepolti nel cimitero di Reggio Calabria. Le loro lapidi? Numeri da 1 a 45, i loro corpi non sono stati identificati.

E continuiamo a non sentirci toccati, vediamo  ancora queste persone come nemici anche da morti. L’essere umano sta davvero diventando una macchina alimentata da soldi e televisione, da miseria e rabbia indirizzata dalla parte sbagliata. E il mare è ormai diventato una tomba, un cimitero per disperati che hanno fame di vita e che vivono di speranza. Un cimitero per chi non sa nemmeno dove sta andando, ma non gli importa perché è sicuro tra le braccia di sua madre. E noi siamo diventati il loro inferno, pagano pene per colpe che non hanno: ammassati, in recinti di filo spinato perché TROPPI, morti perché TROPPI in un solo gommone, rispediti come pacchi postali indesiderati. Poi ci lamentiamo quando qualcuno di loro protesta, noi, un popolo che vive di sottomissioni, ci lamentiamo di chi vive di disperazione e pretende solo di esser trattato come un essere umano, se noi ci siamo rassegnati loro non ancora. Ci lamentiamo forse perché hanno il coraggio di fare quello che noi abbiamo paura di fare: essere liberi. Ci lamentiamo perché ci rubano il lavoro, che poi, dodici ore nei campi per venti euro chi le va a fare, piuttosto le facciamo davanti al bar, o no? Ecco cosa facciamo, ci lamentiamo, è la cosa che ci riesce meglio. Ormai alle notizie di questi naufragi restiamo indifferenti, come se tutte quelle persone fossero dei manichini buttati in quelle acque. E’ l’indifferenza che ammazza più di ogni altra cosa. Questi 45 morti una fortuna hanno avuto, che poi fortuna non è, hanno avuto il diritto alla sepoltura, ma quanti morti non sono stati mai trovati, quanti? TROPPI.  Immedesimatevi per un solo secondo nelle loro storie,alle quali spesso rimaniamo indifferenti. Pensateci che oltre quel mare c’è qualcuno che aspetta una chiamata, che le porterà serenità,  e invece, chissà tra quanto tempo, riceverà una chiamata che porterà alla disperazione, perché non avrà neanche il diritto di vedere il corpo del proprio caro. E se fosse capitato a voi di aspettare quella chiamata? Quello è superficiale, non importa, ma non è così. Siate meno egoisti e più umani, unitevi a quelle persone quando protestano, non chiedono altro che gli stessi diritti, i quali molto spesso vengono negati anche a voi. Sono come noi, hanno solamente gli occhi più splendenti e il sorriso di chi è ancora vivo.

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