Il 28 gennaio, 49 migranti sono stati deportati in Albania dalla nave della Marina Militare Italiana Cassiopea. Tra di loro, 5 sono stati riportati in Italia perché quattro minori e un adulto vulnerabile. È però di oggi la notizia che su 44 domande di asilo presentate nei centri in Albania solo una è stata accettata, mentre tutte le altre sono state respinte. La TAI, il Tavolo per l’Immigrazione e l’Asilo, ha già denunciato le gravi violazioni procedurali: in particolare, ai 44 migranti non è stata fornita la possibilità di nominare un avvocato per assisterli nelle fasi delle audizioni.
49 migranti deportati in Albania: la vicenda
Bangladesh, Egitto, Costa d’Avorio e Gambia. Sono questi i Paesi d’origine di 49 migranti intercettati pochi giorni fa in acque internazionali a sud di Lampedusa. Il 28 gennaio, alle 7:30 del mattino, sono arrivati nell’hotspot italiano di Shengjin, dove si sono svolte le pratiche di identificazione e da dove, in seguito, sono stati trasferiti nel centro di Gjader.
Il trasferimento operato dalla nave Cassiopea è il terzo dall’apertura dei centri di Shengjin e Gjader, dopo quelli di ottobre e novembre effettuati dalla nave Libra. In questi ultimi due casi, però, il Tribunale di Roma non aveva convalidato il trattenimento dei migranti, non avendo potuto riconoscere come “sicuri” i Paesi di provenienza.
Questa volta, il trasferimento è stato più numeroso, ma fin da subito si è verificata una grave violazione dei diritti umani. Poco dopo l’arrivo a Shengjin, infatti, 5 migranti sono stati ricondotti in territorio italiano: quattro perché minori, uno perché considerato adulto vulnerabile. I controlli sulla minore età e sulla vulnerabilità delle persone dovrebbero infatti essere effettuati prima del trasferimento in Albania. A bordo della Cassiopea era assente l’OIM, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, che non ha quindi presenziato allo screening medico sulla nave per stabilire chi non potrebbe essere sottoposto alle procedure accelerate di frontiera e che, di conseguenza, non sarebbe dovuto essere trasferito in Albania.
“L’assenza di OIM sulle navi ha impedito che gli accertamenti che dovevano escludere il trasporto in Albania venissero effettuati. Di conseguenza, quelli svolti successivamente rendono ancora più illegittimo il comportamento delle pubbliche autorità, determinando un’ulteriore illegittima privazione della libertà personale e una negazione del diritto all’accoglienza”
Ha dichiarato il TAI, il Tavolo Asilo e Immigrazione, presente in questi giorni in Albania, terza volta dopo le deportazioni di ottobre e novembre.
In un solo giorno, 43 domande di asilo respinte: la denuncia del TAI
È di oggi la notizia che, dopo appena un giorno di colloqui, su 44 domande di asilo solo una è stata accettata, mentre tutte le altre sono state respinte. È bastato pochissimo tempo alla Commissione Territoriale per ritenere tutte le richieste d’asilo illegittime per “manifesta infondatezza”. La motivazione si rintraccia ancora una volta nell’elenco dei Paesi considerati sicuri dal governo italiano, Paesi che quindi non giustificherebbero la fuga e la conseguente richiesta di protezione in territorio italiano. I 43 migranti, secondo la nuova riforma, hanno ora appena sette giorni per fare ricorso contro il diniego delle domande di asilo.
Le violazioni dei diritti umani in questa vicenda sembrano però infinite e a sottolinearlo categoricamente è proprio il TAI, una rete di organizzazioni della società civile, associazioni e ONG che si occupano della difesa dei diritti delle persone in movimento e della promozione di un sistema di accoglienza rispettoso e trasparente in territorio italiano.
Il TAI ha denunciato dall’Albania le «gravi criticità procedurali» che si sono verificate in questi giorni a Shengjin e Gjader.
“Siamo di fronte a una procedura di fatto illegittima per l’assenza delle tutele previste dalla normativa in vigore”.
I 44 migranti trattenuti in Albania sono infatti entrati automaticamente in procedura accelerata di frontiera, un iter di valutazione delle domande di asilo che porta con maggiore frequenza a dinieghi rispetto alla procedura ordinaria.
I richiedenti asilo non hanno potuto nominare un avvocato per assisterli durante le audizioni davanti alla commissione territoriale. Scarsamente informati sul significato delle procedure, hanno sostenuto il colloquio per l’esame delle domande in videocollegamento. Il fatto che, in poco più di 24 ore, la Commissione abbia respinto 43 domande di asilo su 44 lascia intuire il grado di approfondimento e accuratezza di tali interviste.
Inoltre, le procedure accelerate costringono i richiedenti asilo a presentare ricorso entro una settimana anziché due, come previsto dalla procedura ordinaria. Se il trattenimento venisse convalidato e la procedura accelerata confermata, i migranti si troverebbero impossibilitati dal contattare un avvocato per il ricorso, dato che sono trattenuti forzatamente al di fuori del territorio italiano.
“Si tratta di decisioni che riguardano la vita dei richiedenti asilo, persone che hanno alle spalle storie terribili di violenze e torture e che non possono essere prese in poco tempo e senza alcuna possibilità di assistenza. Siamo di fronte a una procedura di fatto illegittima per l’assenza delle tutele previste dalla normativa in vigore”
Ha denunciato ancora una volta il TAI in un comunicato stampa del 29 gennaio.
Ora la decisione spetta ai giudici della Corte d’Appello, che dovrebbero esprimersi domani, venerdì 31 gennaio, sulla convalida o meno dei trattenimenti dei richiedenti asilo. Se questi venissero convalidati e ai 43 migranti fosse impedito di incontrare un avvocato perché rinchiusi nei centri albanesi, verrebbe violato un ulteriore diritto fondamentale: il diritto alla difesa.
Ma il tempo, in queste situazioni, è veramente determinante: se non riuscissero a opporsi al diniego, trascorsi i 7 giorni i migranti diventerebbero automaticamente irregolari e quindi potenzialmente deportabili nei paesi di origine. Inoltre, dopo i trasferimenti in Albania di ottobre e novembre, la decisione sulla convalida del trattenimento non spetta più ai giudici della Sezione Immigrazione del tribunale di Roma, ma a quelli della Corte d’Appello.
Ancora una volta, la situazione dei centri in Albania è preoccupante. E tutte queste mosse politiche, decisioni istituzionali, deportazioni e violazioni dei diritti umani continuano a verificarsi sulla pelle di chi, intercettato sulle rotte del Mediterraneo, tenta di raggiungere il territorio italiano dopo aver affrontato drammatici viaggi migratori.