E’ umanamente possibile arrivare all’età di 26 anni senza conoscere il termine “Pansessuale?
Ora dovrei nascondermi il viso dalla vergogna, e rispondere con un filo di voce un debole sì.
Eppure ho sempre creduto di averli spesi anche abbastanza bene questi anni. Ho viaggiato molto, ho avuto modo di conoscere ed entrare in relazione con una miriade di persone di nazionalità e cultura diversa, ho fumato il narghilé, sorseggiato il tè delle 5, assaggiato la raclette, bevuto il mate, ho vissuto di nachos e sangria… Potrei continuare all’infinito.
Il nocciolo della questione è che fino a ieri credevo anche di possedere una mentalità piuttosto aperta, di essere una persona piuttosto curiosa, e anche relativamente informata.
Ma non appena i miei padiglioni auricolari intercettano il termine “Pansessuale”, ecco che cado dal pero.
Tanto valeva trascorrere i miei 26 anni chiusa in una campana di vetro.
“Pansessuale”. Una lacuna gigantesca, grande quanto una voragine, si spalanca davanti a me, ricoprendomi d’infinita vergogna. Che termine ostico sarà mai questo?
Inizialmente ho pensato di tradurre mentalmente il termine inglese, interpretando la pansessualità come uno strano amore per le pentole; ma si stava già facendo strada nella mia testa l’evidente collegamento al Dio Pan. Essendo una persona curiosa, ovviamente, ho subito colmato la mia lacuna, trascorrendo un numero indefinito di ore persa nelle mie ricerche.
La pansessualità è un orientamento sessuale caratterizzato da una potenziale attrazione (estetica, sessuale, sentimentale, romantica, sublime…) per qualcuno indipendentemente dal suo sesso biologico o identità di genere.
Questo include la potenziale attrazione per persone che non rientrano nella tradizionale concezione binaria di maschio/femmina, implicita nell’attrazione eterosessuale, ma anche ciò che sta nel mezzo tra i due sessi universalmente considerati, per così dire, anche la terza dimensione. Esistono al mondo persone che provano forte attrazione per individui che possiedono forti caratteristiche di entrambi i sessi, ovvero per persone fortemente androgine. Questo può essere considerato anormale per la maggior parte della noi; inizialmente anche per la sottoscritta, che identificava il termine “Pan” con “Pentola”, ma in seguito a numerose ricerche, credo che cercare necessariamente un nome per etichettare un tale amore universale, senza generi e distinzioni, sia estremamente generico e riduttivo.
Ricercando e ricercando ho avuto modo di notare come la disinformazione in merito all’argomento, affolli il mondo del web. Termini come “Transessuale”, “Transgender”, “Pansessuale”, vengono spesso accettati universalmente come sinonimi, a volte dai pansessuali stessi che, annebbiati dalla troppa confusione, non sanno più come definirsi.
Il risultato? Pansessuali, bisessuali, transessuali, transgender, rischiano di essere accumulati nello stesso calderone dei “diversi”, non vengono capiti, meno che mai accettati, a volte addirittura rifiutati in blocco, e appellati “pervertiti”.
Nel mio piccolo, in veste di amante segreta dell’impossibile e/o incomprensibile, e dominata costantemente dalla mia insopportabile curiosità, ho tentato di fare un po’ di chiarezza sull’argomento.
Innanzi tutto è importante creare una netta distinzione tra:
Sesso biologico, che rappresenta l’insieme delle caratteristiche genetiche e dei caratteri sessuali primari e secondari, che consentono di stabilire se un individuo è maschio, femmina, o possiede le caratteristiche di entrambi i sessi.
Il genere, che è invece la rappresentazione culturale e sociale del proprio status di uomo/donna attraverso comportamenti, atteggiamenti, scelta di ruoli, linguaggio…
E l’ Identità di genere, che è invece una sensazione più profonda, radicata in ogni individuo, rappresenta un senso di appartenenza al genere maschile, femminile, a entrambi i sessi, o a nessuno dei due, e non sempre coincide con il sesso biologico assegnato alla nascita.
Da qui si diramano una serie di identità di genere, da chi sente di appartenere al sesso assegnato alla nascita, i così erroneamente denominati “normali”, molto più correttamente “comuni”, e chi invece non sente di appartenere a tale sesso. Per queste persone il termine “trans” fa da ombrello abbracciando l’intera complessità dell’universo transgeder, ageder, e più in generale coloro che ritengono di abbracciare entrambi i sessi, o nessuno dei due.
Da quel che ho potuto capire, la realtà, o almeno una delle tante possibili, è che noi esseri umani siamo costantemente portati a classificare oggettivamente ogni cosa. Siamo troppo legati alla nominazione di ciò che vediamo, forse perché nominare gli oggetti li rende reali, concreti; mentre siamo poco inclini, oserei dire quasi incapaci, a trattare realtà astratte, inafferrabili, non tangibili. Forse è per questo che le varie definizioni del termine “Pansessuale”, estrapolate a seguito di una ricerca superficiale, non hanno soddisfatto la mia sete di sapere.
Una semplice spiegazione lineare, geometrica, quasi tassonomica, non può delineare un fenomeno totalitario, ampio, puro come la sessualità di un individuo.
La pansessualità rappresenta di fatto una forma di sessualità totalmente libera, a tutto tondo, che abbraccia le varie possibilità che la vita offre al mondo, ed è una forma di amore incondizionato che può esplodere in qualunque momento in ogni essere umano.
Alla luce di ciò l’essere umano dovrebbe nascere di per se pansessuale, ovvero un amante del tutto.
Forse stiamo vivendo in un mondo dove i ruoli sessuali e di genere delle donne e degli uomini, stanno diventando troppo ristretti, e questo ci suggerisce che la sessualità generale, per così dire, totalitaria, dovrebbe abbracciare l’intero spettro degli orientamenti sessuali, e ignorare distinzioni convenzionali, limiti, e pregiudizi di ogni tipo.
” Da quel che ho potuto capire, la realtà, o almeno una delle tante possibili, è che noi esseri umani siamo costantemente portati a classificare oggettivamente ogni cosa”.
Cielo, quant’è vera questa frase.
L’essere umano, da sempre, è portato a chiudere ogni cosa in uno schema; che sia il tempo, o in questo caso, anche l’attrazione sessuale, fisica, o mentale.
Festeggiamo il Capodanno perché qualcuno decise di rinchiudere il tempo in 365 giorni. Festeggiamo il natale perché qualcuno decise di far nascere un ipotetico Dio il 25 Dicembre. E siamo portati a vedere come ordiaria l’attrazione verso il sesso opposto, e della stessa specie.
Un qualcosa di naturale? Sì, forse anatomicamente parlando, sì. Ma basti pensare come da sempre esistano atti definiti “omosessuali” sia nella specie umana, che in quella animale. Nonché svariati fattori di auto-erotismo.
Perché dunque limitare la libido umana a un pensiero preconfezionato, solo perché la nostra cultura ci ha insegnato ciò?
La libido è molto più che una componente sessuale, e purché essa non leda al prossimo, non vedo perché ghettizzarla o catalogarla come “sessualità” di classe A oppure B.
Un simile comportamento, che addita come “perversi” comportamenti sessuali diversi da quelli della massa, non può che schiacciare soggetti più deboli, incattivire persone ferite, e ghettizzare persone già sin troppo emarginate.
Forse se l’essere umano riuscisse ad accettare ogni realtà senza usare il metro di misura di se stesso, il mondo sarebbe un posto con meno sofferenza e solitudine.