Il 3D è un’invenzione degli anni ’20 e ha avuto una storia tutt’altro che lineare. Dopo aver avuto una prima golden age negli anni ’50 è tornato in voga nei primi anni 2000 e sembrava essere l’innovazione capace di rinnovare il cinema; il suo successo però non è durato a lungo.
La storia del 3D
I primi esperimenti di film in 3D hanno avuto origine negli Stati Uniti agli inizi degli anni ’20. La prima pellicola tridimensionale proiettata al cinema fu The power of Love del 1922 e per le riprese vennero usate due cineprese, e quindi due proiettori, con angolazioni leggermente differenti, e la tridimensionalità si costruì tramite anaglifo, dunque attraverso immagini sovrapposte e con colori leggermente differenti ricomposte dal cervello in 3D utilizzando occhiali speciali.
Dopo decenni di tentativi il 3D fu sperimentato e migliorato negli anni ’50 quando, con la comparsa della televisione, i film che sfruttavano la tridimensionalità furono il mezzo per rivendicare il valore dell’esperienza al cinema. Per questo vennero prodotti lungometraggi e cortometraggi in rilievo con la luce polarizzata. In quegli anni, precisamente nel 1952, ebbe luogo la prima mondiale di un film in 3D per Bwana Devil di Arch Oboler. In quegli anni ci fu una seconda età dell’oro e i film in 3D vennero introdotti nelle sale insieme ai colori e allo schermo panoramico.
Tuttavia la popolarità non durò a lungo: la resa non era ottimale, a causa delle tecnologie arretrate e spesso i film erano prodotti non per un valore artistico, ma solo per ostentare la terza dimensione. Tra le difficoltà tecnologiche maggiormente riscontrate vi era la difficoltà di sincronizzare suono e immagine, e l’aumento dei costi per la necessità di un maggior numero di tecnici per la proiezione. Inoltre per fruire correttamente il contenuto in 3D era necessario occupare i posti centrali della sala e questo comportava la perdita di molte risorse dovute all’impossibilità di distribuire gli spettatori nelle file laterali.
Alfred Hitchcock nel 1954 decise di produrre la versione 3D di Delitto Perfetto, ma alla prima visione rimase deluso: la terza dimensione, con le tecnologie del tempo, gli procurò nausea e male agli occhi. Per questo il regista britannico abbandonò subito la tridimensionalità.
Dagli anni ’50 in avanti i film in terza dimensione divennero una forma artistica di nicchia, spesso riservata a parchi divertimento o musei che ne sfruttavano la straordinarietà.
Il nuovo millennio
Proprio le tecnologie sono state da un lato conseguenza e dall’altro innesco della seconda golden age della tridimensionalità. Nel nuovo millennio molte sale hanno attuato processi di digitalizzazione e il 3D è stato uno degli elementi fondamentali per catalizzare l’investimento di molti cinema. Il beneficio delle nuove tecnologie per gli esercenti infatti era esiguo, e quindi a prezzi di digitalizzazione alti non corrispondeva un guadagno superiore, guadagno che avevano invece i produttori che con meno risorse potevano firmare testi migliori.
Il 3D è stato un innesco perché ha concesso al cinema di proporre un’esperienza che incoraggiasse gli spettatori non solo ad andare al cinema, ma anche a pagare un prezzo superiore (almeno 10-12 euro) e questo ha motivato molto gli esercenti che investirono non solo nella digitalizzazione, ma anche nelle tecnologie tridimensionali.
Nel 2004 fu distribuito nelle sale il primo film in 3D: Polar Express, un film di animazione che ebbe molto successo, convincendo sempre più esercenti e produttori a investire nel formato.
Avatar
Nel 2009 Avatar segna un ulteriore punto di svolta, con una campagna promozionale che svelò il 3D solo quando era già presente una consolidata base di fandom per la trama o il cast. Il film di James Cameron sembra annunciare una parabola ascendente del 3D diventando il titolo che ha incassato di più al botteghino nella storia del cinema mondiale grazie alla resa delle immagini in motion capture.
Il cinema in terza dimensione diventa tanto popolare da favorire la produzione di televisori capaci di riprodurre l’esperienza della visione tridimensionale anche a casa. Tuttavia presto la rotta si invertì perché la tridimensionalità, con sempre più titoli a disposizione degli spettatori, perse la sua aura di eccezionalità. Inoltre la tecnologia si rivelò sempre più costosa sia per i produttori (che a volte si servono di camere apposite, ingombranti e dispendiose) che per gli spettatori che sono costretti a pagare un biglietto salato per un’esperienza ormai ordinaria.
Il 3D è tornato?
Più di dieci anni dopo è ancora Avatar che, coraggiosamente, ripropone la tridimensionalità. James Cameron ha disposto diverse versioni del film nelle sale: 2D, 3D e 4k HDR. Per i dati raccolti fino al 19 dicembre, dei 435 milioni di dollari incassati al botteghino, il 66% deriva dalle proiezioni in 3D, segno che dopo tanti anni di apparente scomparsa, questo formato può ancora raccogliere un grande pubblico nel nome dell’eccezionalità.
Vedendo la storia della tridimensionalità nel cinema, fatta di epoche d’oro, sperimentazioni e di morte apparente i risultati di Avatar 2 non presagiscono un ritorno definitivo di questa tecnologia, ma aprono la strada a nuovi tentativi e sperimentazioni.
Ludovica Amico