Ebbene sì, sono ancora qua a parlare di morte. Non perché io sia un temibile uccello del malaugurio, o una qualche veggente/ cartomante con poteri paranormali, ma semplicemente perché è la cosa che ci accomuna tutti, in quanto esseri viventi. Non ci vuole un genio per poter affermare che, alla fine della fiera, moriremo tutti.
Quello che forse non tutti sappiamo è che la morte è un lungo processo. Non ce ne rendiamo conto, ma è proprio grazie a questo lento processo mortale, che i chirurghi possono trapiantare con successo gli organi ad un’altra persona ancora in vita, in seguito al decesso della prima. Questo, forse, i fan sfegatati di “Grays Anatomy”, possono saperlo. Possono anche sapere che la morte implica la perdita irreversibile dell’informazione contenuta nel cervello, come la nostra memoria, la nostra personalità, quel plus che ci appartiene, e che ci rende ciò che siamo; e che è sufficiente il mancato funzionamento di un organo per scatenare una serie di eventi che può risultare nel deterioramento del cervello, e quindi la morte. Il Telefilm sopracitato, caratterizzato da un’alta percentuale di attori oggettivamente bellissimi, insegna inoltre, che una semplice mancanza di ossigeno al cervello, può provocare il decesso.
Ma se ci fosse la possibilità di prevenire la perdita delle strutture neuronali, in cui la nostra personalità e i nostri ricordi sono codificati?
Niente di nuovo! In realtà questa possibilità già esiste, tutto questo è già possibile, (o quasi), attraverso la tecnologia odierna.
Si chiama criopreservazione, ibernazione umana, biostasi, sospensione cronica, chiamatela come volete. Consiste nel tentativo di conservare nel tempo il corpo di una persona, mediante il veloce abbassamento della temperatura, fino a raggiungere valori vicino allo zero assoluto. Quando la morte invade la vita, e il cuore si ferma, ecco che la fantascienza arriva a salvarci. Fantascienza, perché la tematica in questione ha affascinato da sempre il grande schermo, i curiosi, e stimolato l’animo dei ricercatori.
Ma ciò che sto per dirvi è terribilmente reale.
Il “viaggio” ha inizio quando viene decretata dal medico la fine, ovvero la morte dal punto di vista legale. In quel momento viene applicato al paziente un apparecchio cardio polmonare che, comprimendo ritmicamente il torace, assicura la ventilazione dei polmoni, e il continuo afflusso di sangue al cervello. Contemporaneamente viene erogato ossigeno. Entro due minuti vengono somministrati, per endovena, vari farmaci, anticoagulanti, per inibire la formazione di coaguli di sangue, il metilprednisolone e la clorpromazina, per stabilizzare le membrane cellulari, la deferoxamina pere ridurre i danni da radicali liberi, il sodio citrato, per ridurre i danni da riperfusione cerebrale, il cloruro di potassio per ridurre il metabolismo cerebrale, il metubine iodite, per inibire il brivido, e anche del malox, mediante sondino gastrico, per prevenire la comparsa di ulcere gastriche emorragiche. Un cocktail di sostanze chimiche, dunque, viene somministrato nel corpo, del paziente. E’ importante conservare la totale integrità del corpo per evitare complicazioni. A questo punto il personale medico specializzato nella crioconservazione interviene procedendo con la perfusione; viene introdotto nel sistema circolatorio un antigelo a base di glicerolo, mentre il cervello viene monitorato con molta attenzione per evitare emorragie che comprometterebbero il processo di ibernazione. Quando la temperatura del corpo scende ai 15° C viene fatta un’incisione nell’arteria femorale, per aspirare via tutto il sangue. L’apparato circolatorio viene dunque lavato con una soluzione salina preraffreddata a 0°, che permette alla temperatura corporea di scendere intorno ai 5°.
A questo punto il gioco è fatto, non resta che immergere il defunto, (e forse futuro vivente), in un contenitore Dewar, un thermos gigantesco, che al posto di contenere la tanto amata caffeina, è pieno di azoto liquido alla temperatura di -196°C. A queste temperature “raggelanti”, è possibile la conservazione a lungo termine.
La criopreservazione sfrutta quel lasso di tempo che intercorre dal blocco del battito cardiaco alla morte cerebrale. Ciò che si spera, in pratica, è di mantenere intatte le strutture nervose del nostro cervello.
Secondo i sostenitori della crioconservazione, in futuro dovrebbe essere possibile sviluppare una tecnologia in grado di ripristinare completamente le funzioni vitali dei corpi ibernati. Secondo questa ipotesi si vincerebbe l’invecchiamento. Viene messo in discussione il concetto tradizionale di morte, e di conseguenza i limiti naturali della vita stessa.
I cosiddetti “crionicisti” credono fermamente nell’ibernazione umana, nutrendo fedeli aspettative, e alimentando la ricerca scientifica con una fede quasi religiosa. Secondo tali fedeli la crioconservazione rappresenterebbe una concreta possibilità di raggiungere la vita eterna. Se vogliamo gettare ancora un po’ di fumo dentro questo calderone bollente, si potrebbe quasi ipotizzare che questi medici specializzati vogliano giungere a concretizzare la religione, combattendo la morte, e introducendo una reale possibilità di un “paradiso terrestre”.
Le prospettive su cui si basa questa “tecnologia”, se così si vuole chiamarla, sono affascinanti quanto inquietanti, e in alcuni casi, rasentano il ridicolo, aprendo orizzonti talmente assurdi e paranormali, da essere riservati unicamente agli Dei dell’Olimpo. O forse ad una setta satanica.
C’è chi dice che se porti un essere umano vicino alla morte, e poi gli offri una possibilità di sopravvivenza, non importa quanto piccola sia, questo ci si aggrapperà con tutte le sue forze.
Razionalmente, inoltre, c’è da dire che essere congelati rappresenta la seconda cosa peggiore che potrebbe capitarci, perché la prima rimane comunque morire. Quindi, perché non ci facciamo ibernare nell’azoto liquido?
Perché su 6 miliardi di persone presenti sul Pianeta Terra, solo alcune centinaia hanno votato sì all’era glaciale, organizzando la propria “sospensione cronica”?
Perché purtroppo, o per fortuna, la tecnica dell’ibernazione presenta ancora tanti, tantissimi limiti. Di danni possibili imputabili al congelamento se ne possono verificare tanti, troppi, e ancora troppo agghiaccianti. C’è da ricordare, inoltre, che la putrefazione è il peggior nemico dell’ibernazione, e ne abbiamo una dimostrazione ogni volta che tentiamo di ricongelare un alimento scongelato.
Molti ricercatori hanno dimostrato che un corpo raffreddato può essere conservato per un periodo di tempo che varia da un minimo di anni a probabilmente dei secoli, senza che questo subisca significativi cambiamenti o deterioramenti. Il rischio principale, per il quale la scienza ancora non sa darci una risposta, risiede nei procedimenti di surgelamento, di ritorno alla temperatura normale, e quindi del successivo recupero delle funzioni vitali.
I Queen cantavano, nel 1986, “Who wants live forever”. Chi non sogna la longevità?
Le donne vivono più degli uomini. La pnrospettiva di vita si allunga costantemente.
Beh, questo non ci basta più. Ora vogliamo l’eternità, l’eterna giovinezza, basta rughe, zampe di gallina, cellulite, corpi che si afflosciano.
Le statistiche dicono che nel 2015 sono aumentate esponenzialmente le donazioni di denaro ai centri di ricerca specializzati nell’allungamento della vita. Si dice che la ricerca scientifica sia scarsamente finanziata; beh, forse i centri che si occupano di trovare cure per il cancro, o per altre patologie gravi che ancora portano alla morte. Ma che dire per la ricerca che si occupa di sconfiggerla questa famigerata morte?
Al mondo c’è chi muore di tubercolosi, di cancro, di malaria, e di milioni di altri mali che neanche ci immaginiamo, e poi c’è chi dona milioni di dollari ai centri specializzati nell’immortalità. Montagne di denaro gigantesche quanto l’Everest, lanciate in progetti che ancora rappresentano un buco nell’acqua. O meglio, un buco nel ghiaccio.
Albert Einstein diceva che “la più bella e profonda emozione che un uomo possa provare è il senso del mistero; qui sta il seme di ogni arte, di ogni vera scienza”.
Siamo davvero pronti a sfidare la natura umana, e barattare il nostro presente per un ipotetico e misterioso futuro?