Questo più di un articolo vuole essere una verifica da fare in tua compagnia.
Iniziamo col cercare su Google “donne afghane”, cliccando su immagini il risultato che ne viene fuori è davvero triste e angosciante e corrisponde esattamente a questo:
Oggi le donne in Afghanistan non possono lavorare fuori dalla propria abitazione, non possono essere trattate da dottori di sesso maschile, hanno l’obbligo di indossare il burqa in modo da essere coperte da capo a piedi ricevendo e ricevono frustate nel caso in cui non dovessero coprire anche le caviglie, non possono essere presenti in radio o in televisione, non possono indossare colori vivaci perché considerati “sessualmente eccitanti” inoltre donne e uomini non possono salire sullo stesso bus (potrei continuare a elencare restrizioni e divieti ancora per molto ma preferisco fermarmi). L’Afghanistan rappresenta uno dei Paesi più poveri del mondo, solo il 5% delle donne dei suoi 23 milioni di abitanti è in grado di leggere e scrivere, la maggioranza della popolazione vive in baracche se non in ricoveri occasionali, questo, qualora ce ne fosse bisogno, chiarisce le idee su ciò che rappresenta l’elemento principale del nostro piccolo test.
Passiamo al passo successivo, ora puoi accettare il mio invito a visitare questa pagina Facebook (clicca) gestita da Mohammad Qayoumi, cresciuto a Kabul tra gli anni ’60 e ’70 e che grazie alle sue testimonianze, presenti non solo sulla pagina del social-network ma anche nel suo libro fotografico dal nome Once Upon A Time in Afghanistan, ci presenta un Paese che forse nessuno di noi poteva solo immaginare esistesse.
Faticherai a crederci ma l’Afghanisan 50 anni fa era un paese concretamente diverso, credo certamente migliore, caratterizzato dalla tolleranza e dalla gentilezza rivolta verso lo “straniero” di turno, ieri greco e mongolo oggi sempre più occidentale, sarà stato proprio questo a compromettere il suo sviluppo riducendolo in un cumulo di macerie?
Qayoumi mostrando le sue foto riesce a dare colore e consistenza alle sue parole: “Mezzo secolo fa, le donne afghane perseguivano una carriera nel campo della medicina.”
“Uomini e donne si mescolavano nei teatri e nei campus universitari di Kabul; fabbriche suburbane producevano tessuti e altri prodotti di serie.”
“C’era una tradizione di legge e di ordine e un governo in grado di portare avanti grandi progetti infrastrutturali nazionali, come la costruzione di impianti idroelettrici e strade.”
“La gente comune aveva un senso di speranza, la convinzione che l’educazione avrebbe potuto offrire opportunità a tutti e che si prospettava un brillante futuro. Tutto ciò è stato distrutto da tre decenni di guerra.”
Lo so, ti ho presentato un Paese che nessuno di noi è riuscito a riconoscere, un Paese che solo perché poco più distante dalla nostra cultura per molti appare insensato e sbagliato. Giudichiamo popoli interi senza nemmeno conoscerli, ci proclamiamo vittime quando in realtà siamo i primi colpevoli di questo disastro. Se alla domanda <<ti senti più americano o afghano?>> senza nemmeno pensarci inizi a cantare “Oh, say can you see, by the dawn’s early light, what so proudly we hailed at the twilight’s last gleaming?. . … .” allora sappi che HAI DISTRUTTO UN POPOLO, ricorda che durante gli anni 70 hai piantato nella “zuccherosa” terra afghana il seme della violenza fornendo armi ai mujaheddin, rammenta che se da quel seme velenoso sono nati i talebani, se le lacrime di milioni di donne rimangono nascoste non da un velo che sono costrette a portare ma dalla tua indifferenza e se i bambini formano cumuli di cadaveri allora E’ ANCHE COLPA TUA !!!
Niente paura, la verifica rileva che dopo questa lettura niente è cambiato, purtroppo l’Afghanistan di oggi rimane questo:
storieculturalpop.org
-FINE DEL TEST-
Andrea Umbrello