Per la prima volta al mondo bambini sani sono nati dall’impianto di embrioni malati, tramite le tecniche di fecondazione assistita.
Lo studio, tutto italiano, è stato pubblicato da poco sul “New England journal of Medicine”.
Si parla di embrioni parzialmente malati, affetti da una malattia genetica chiamata “aneuploidia variegata a mosaico”.
Questa sindrome è una malattia genetica estremamente rara, caratterizzata dall’alterazione del numero di cromosomi, (da qui il nome aneuploidia), presenti nelle cellule di alcuni tessuti. Si parla di mosaico perché tessuti diversi possono presentare alterazioni diverse, alcuni con più cromosomi del normale, altri con meno. Tale condizione è causata da vari errori nel processo di separazione dei cromosomi, che avviene durante la divisione delle cellule.
Il ciclo cellulare è tutta quella successione di eventi ordinati, che accadono all’interno di noi, e servono per regolare la crescita e la divisione di una cellula. Tutti questi fenomeni stanno alla base della vita stessa. In questo momento, di fatto, milioni di cellule all’interno del nostro corpo si stanno dividendo, generando altre cellule figlie, con un corredo genetico ricombinato. La ricombinazione del nostro patrimonio genetico sta proprio alla base dell’evoluzione stessa. Due cromosomi omologhi, in questo processo di riproduzione chiamato “meiosi”, si dividono, in modo da donare ad ogni cellula figlia un solo cromosoma.
La stabilità del nostro genoma dipende proprio dalla corretta divisione dei cromosomi, dalla cellula madre alle due cellule figlie, durante il ciclo cellulare; e proprio in questo ambito, risulta di fondamentale importanza il checkpoint del fuso mitotico, (mitotic spindle checkpoint), un meccanismo di sorveglianza cruciale per il mantenimento del corretto numero di cromosomi.
E’ stato ipotizzato che mutazioni nei geni coinvolti nel checkpoint del fuso mitotico, possano essere alla base nell’Aneuploidia Variegata a Mosaico, questa malattia molto rara, a trasmissione autosomica recessiva. Si pensa che in genere questo errore cellulare sia incompatibile con la vita già durante lo sviluppo fetale, e comporti di norma morte prenatale. Alcuni bambini possono sopravvivere, manifestando ritardi nello sviluppo, microcefalia e insorgenza ricorrente di tumori in età molto precoci.
Una vita non troppo facile, sembra.
Ma come si trasmette tale sindrome?
Secondo le analisi effettuate sui pazienti affetti, pare che tutto derivi da mutazioni a carico di geni, che codificano a loro volta una proteina, appartenente al meccanismo di sorveglianza cellulare sopra citato, che ha il compito di controllare la corretta divisione cromosomica. Il funzionamento di questi “gate” di controllo, complessi di proteine dal nome talmente impossibile da ricordare un codice fiscale, è importantissimo al fine di evitare anomalie, che portano spesso a gravi patologie.
Le ricerche scientifiche in campo patologico sono numerosissime, almeno quanto è vasto il panorama delle malattie umane; e questo lo può dedurre chiunque abbia avuto il coraggio di avvicinarsi ad un qualsiasi manuale di patologia, che normalmente è talmente gigantesco da fare invidia alla Bibbia.
I progetti, sempre in campo patologico, sono altrettanto numerosi, le speranze sono alla base della ricerca stessa, almeno quanto la curiosità e la passione; i finanziamenti, come si può ben immaginare, sono decisamente scarsi.
Le possibilità di cura attualmente disponibili?
Pare che gli individui affetti dalla sindrome di “aneuploidia variegata a Mosaico” siano destinati ad avere vita breve, in quanto la possibilità di cura pare siano attualmente nulle.
Sono quindi totalmente inutili, e potenzialmente pericolose, queste cellule malate?
E qui arriviamo alla svolta, o come piace chiamarla a me, “Eureka, la scoperta”.
La ricerca, condotta dal team di Ermanno Greco, autore dello studio e direttore del centro di medicina e biologia della riproduzione all’European Hospital di Roma, dimostra chiaramente che da embrioni affetti dalla sindrome di Aneuploidia Variegata a Mosaico, tramite la fecondazione assistita, possono nascere bambini perfettamente sani.
I medici hanno analizzato oltre 3000 blastociti, ovvero insieme di cellule che si formano durante le prime due settimane della fecondazione, delle quali almeno il 5% è risultato “a mosaico”. Lo studio ha dimostrato che anche queste cellule possono essere considerate utili per il trasferimento in utero.
Alcuni embrioni parzialmente malati possono infatti essere in grado di auto-correggersi, per tanto, una volta impiantati, le cellule sane prenderebbero il sopravvento sulle cellule malate. Potendo utilizzare anche questi embrioni considerati mutati, sarebbe dunque possibile aumentare la percentuale di successo della fecondazione in vitro.
Potranno giovare di queste nuove metodiche di procreazione assistita, integrate con la diagnosi preimpianto, donne fertili che hanno avuto difficoltà a rimanere incinte, o a portare avanti una gravidanza, e che hanno già affrontato diversi fallimenti nel concepimento, sia per via naturale che assistite, e anche donne appartenenti alla fascia di età materna considerata avanzata.
Oggi sappiamo che la coesistenza di cellule malate e sane, può suggerire che l’embrione si sta riparando autonomamente; e questo non fa altro che dimostrare la straordinaria capacità di questi microorganismi di cui siamo formati, le nostre cellule, dalle quali dipende la nostra vita stessa.
E’ interessante realizzare come il nostro complesso meccanismo interno sia estremamente preciso e regolato, nei minimi dettagli, e di come, un piccolissimo errore di separazione dei nostri cromosomi, possa portare addirittura alla morte.
Questa scoperta scientifica ha un profondo significato etico, che sottolinea la potenzialità della vita, e i misteri che essa stessa ancora ci nasconde.