Cosa frega davvero agli italiani? La criminalità sopra tutto

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Se un marziano oggi atterrasse in Italia e se per assurdo si prendesse la briga di leggere i giornali o incollasse i suoi occhi, ammesso che ne abbia, al televisore, sarebbe indotto a pensare che la questione principale al centro degli interessi degli italiani è il referendum del 4 dicembre. Su questo appuntamento elettorale, infatti, si stanno consumando fiumi di inchiostro e pronunciando milioni di parole. Per non parlare della lotta intestina tra i sostenitori del SI e i fautori del NO, improntata allo scambio reciproco di complimenti eleganti e sobri.
Se questo marziano, o magari un venusiano fate voi, decidesse poi di indagare più a fondo la riflessione sulla disputa referendaria, trarrebbe la conclusione che agli Italiani interessi come non mai il confronto sulla deriva autoritaria, sulla fine del bicameralismo perfetto o sull’abolizione del CNEL per citare alcuni argomenti caldi. Considerato il baillame in corso, le sue deduzioni sarebbero più che logiche e appropriate. Ma probabilmente, ad un’analisi più approfondita, risulterebbero sbagliate, o quantomeno sopravvalutate.
A dispetto infatti di quello che si vede e si sente in giro, le attenzioni del popolo italico sono rivolte ad altro. Scorrendo i recenti dati pubblicati dall’Istat si comprende come le preoccupazioni degli italiani siano diverse, meno politiche e più pragmatiche. La criminalità, ad esempio, percepita come un problema dal 38.9% della famiglie, l’inquinamento ( dal 38%), la carenza di mezzi pubblici (32,9%). Poi a ruota i parcheggi, il traffico, la sporcizia e via dicendo.
Da questo punto di vista non sbagliava, qualche anno fa, Giulio Tremonti quando nel suo saggio “La paura e la speranza” sosteneva che con la caduta delle ideologie e dei grandi sistemi politici, le genti avevano finito per credere solo nelle cose piccole, quotidiane e tangibili. Che tradotto, non significa la richiesta di una riforma della scuola, ma di un edificio scolastico, il loro, che non cada a pezzi. Non una riforma delle pensioni, ma la certezza di un assegno dignitoso a fine mese dopo una vita passata in fabbrica. Insomma, le ansie dei più hanno un orizzonte spazio-temporale piuttosto circoscritto, ma a cui comunque è bene riservare una giusta dose di attenzione. Perché sottovalutando questi mal di pancia scaturiscono conseguenze imprevedibili. Per le quali alcune risposte semplicistiche della politica potrebbero non bastare più.

 

Alessandro Orofino

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