I consultori devono tornare a essere luoghi di libertà e autodeterminazione per le donne, spazi della salute, senza paura, senza giudizio, senza abusi.
25 maggio transfemminista: si scende in piazza, in tutta Italia, contro la chiusura dei consultori
È del 23 aprile scorso la notizia che è stato approvato in Senato un emendamento al Decreto Legislativo 19/2024 che amplia e rafforza l’accesso delle organizzazioni contrarie all’aborto nei consultori, includendoli nella distribuzione dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per quanto riguarda il finanziamento dei servizi sanitari locali.
Questa concessione di legittimità nazionale alle lobby antiabortiste e contrarie alla scelta riproduttiva per operare nei centri di consulenza avviene in un contesto già critico: attualmente, i consultori vengono chiusi o hanno perso molte delle loro funzioni originarie, svuotati del loro scopo politico per trasformarsi in strutture che in molti casi svolgono solo le funzioni di base degli ambulatori.
In sei regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Veneto, Umbria, Marche, Friuli Venezia Giulia) sono già presenti centri di consulenza privati gestiti da associazioni cattoliche.
Tuttavia, come emerge dall’appello alla mobilitazione, la legge stabilisce la presenza di un consultorio ogni 20.000 abitanti, mentre attualmente, a livello nazionale, la media è di un consultorio ogni 45.000-75.000 abitanti. Questi consultori, che avrebbero dovuto fungere da servizio sanitario territoriale nato dalle lotte femministe degli anni ’70, concepiti per offrire una gamma diversificata di servizi specialistici, sono oggi svuotati delle loro finalità originarie. Molti di essi si sono trasformati in semplici ambulatori, privando la comunità di strutture socio-sanitarie gratuite, laiche, accessibili e aperte a tutti.
Inoltre, sebbene i consultori, i centri antiviolenza e le case rifugio rappresentino la risposta più coordinata e organizzata al fenomeno della violenza di genere proprio grazie all’impegno decennale che le associazioni di donne hanno profuso su tutto il territorio nazionale, in questi ultimi anni è venuto meno nell’attività di rete il lavoro congiunto tra istituzioni e tali associazioni fortemente impegnate nel sostegno alle donne.
La giornata di mobilitazione si focalizza anche sulla tutela del diritto all’aborto, che sta affrontando crescenti minacce. Anche se la Legge 194 ha recentemente compiuto 46 anni (più precisamente il 22 maggio), e nonostante una risoluzione del Parlamento europeo abbia inserito il diritto all’aborto nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, l’Interruzione volontaria di gravidanza (IVG) è sotto pressione in vari stati membri, tra cui l’Italia. Inoltre, in paesi come la Polonia e Malta, l’aborto rimane ancora illegale.
I consultori e i centri antiviolenza conoscono la violenza istituzionale e offrono sostegno alle donne, valutando – qualora vi siano le condizioni e insieme alle donne stesse – iniziative legali, monitorando la corretta applicazione della legge. È fondamentale garantire la realizzazione dell’Interruzione volontaria di gravidanza nei tempi previsti dalle legge. Un sistema a discapito di quante non possano sostenere tale costo e che collude con il garantire la libertà di scelta. Altrettanto importante è il finanziamento della contraccezione d’emergenza e la sua effettiva fruibilità da parte delle donne.
Per questo motivo oggi 25 maggio è stata indetta una giornata di mobilitazione nazionale da parte del collettivo Non una di meno e del Coordinamento dei Consultori , dal titolo “I consultori sono nostri!”, per ribadire con determinazione il rispetto dovuto ai consultori come luoghi intoccabili e di esigere il massimo rispetto per tutti i luoghi delle donne.
Il percorso di Non Una di Meno nasce a Roma dal confronto tra diverse realtà femminili e femministe sulle discussioni di macro aree – il piano legislativo, i CAV e i percorsi di autonomia, l’educazione alle differenze, la libertà di scelta e l’IVG: tra queste Io Decido – Rete Romana, UDI – Unione donne in Italia e D.i.Re – Donne In Rete contro la violenza.
NUDM ha creato uno spazio di cambiamento e opportunità e in questo panorama politico ha fatto proprio anche la pratica dello sciopero e delle manifestazioni delle donne come espressione di lotta generale contro l’oppressione sessista in tutti gli ambiti della vita: i cortei, le passeggiate, i sit-in sono diventati in questi anni dei veri e propri spazi di libertà, di affettività e di solidarietà, dove si vive a pieno il concetto di “sorellanza”.
Scendere in piazza, quando e se possibile, significa riconoscere e mettere al centro il ruolo delle organizzazioni di donne e la necessità di un loro coinvolgimento attivo nella progettazione delle politiche a favore della loro libertà e autodeterminazione; politiche che stanno rendendo invisibile il lavoro dei Centri antiviolenza femministi e sul cui coinvolgimento nelle politiche contro la violenza di genere vi è il totale silenzio da parte dell’ente regionale.
Manifestare rappresenta un modo concreto per esprimere il dissenso verso politiche che limitano l’accesso ai servizi essenziali per la salute delle donne: mobilitarsi pubblicamente contribuisce a sensibilizzare l’opinione pubblica, influenzare i decisori politici e mantenere alta l’attenzione su questi temi cruciali.
La difesa dei consultori è strettamente legata alla protezione dei diritti riproduttivi, alla garanzia di un’assistenza sanitaria completa e alla promozione dell’autonomia delle donne nelle scelte riguardanti il proprio corpo e la propria salute.