25 Aprile quale Liberazione per Ebrei e Palestinesi?

Il 25 aprile la Repubblica Italiana celebra la Liberazione del territorio nazionale da una spietata dittatura, che ha oppresso milioni di persone, ed in primis intendeva sterminare gli ebrei.

Se ormai da anni la partecipazione della comunità ebraica alla Festa è diventato un problema, ciò oltre ad essere un doloroso paradosso, è anche la prova che esistono problemi drammatici e profondi che vanno guardati in faccia per quello che sono.

Liberazione
La Liberazione deve rifiorire ad ogni primavera

Nessuno può, dal 1945 in poi, alzare in pubblico certe bandiere ormai svergognate.
Né, dopo il 1945, si può credere di rigettare valori come libertà e democrazia, senza finire ai margini di tutto – e ancor più dopo l’89.

Non esiste, almeno nel mondo occidentale, una narrazione alternativa : una carta dei valori in grado di contrastare la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo dell’Onu.

E tuttavia.

 

I valori di democrazia e di autodeterminazione nazionale – e cioè libertà individuale e libertà collettiva – reciprocamente rinforzatesi con la sconfitta dei vecchi regimi, sono oggi in crisi profondissima.

E la crisi è dimostrata da due elementi.

Il primo : che essi vengano rivendicati con urgenza e veemenza – come beni in via d’estinzione.

Il secondo: che possano sentiti, o presentati, come valori in contrapposizione.

Esattamente come settant’anni fa.

Si dibatte di sovranismo, e dietro questo termine – più o meno consapevolmente – i sostenitori del ritorno alla sovranita tradizionale e i loro nemici si ritrovano alleati : nel confondere sovranità diverse ( e valori diversi).

Che andrebbero invece distinte, per recuperarne gli ingredienti genuini, e depurarne le alterazioni velenose.

Sovranità nazionale e sovranità popolare non sono la stessa cosa, né però sono in contrasto : ciò che le guerre mondiali avevano insegnato è che vanno attentamente calibrati ed equilibrati.
Come le pietanze di una dieta sana.

La crisi che vive il mondo di oggi nasce dalla perdita di quella saggezza, e delle ricette che essa aveva mandato a memoria.

La globalizzazione economica, distruggendo gli antichi vincoli nazionali, ha disciolto la sostanza della democrazia, senza sostituirla con una democrazia cosmopolitica.
E l’inevitabile deriva si manifesta nel nazionalismo-populismo in atto, o nella pura e semplice confusione che regna sovrana – lei sì.

O peggio: nella strumentalizzazione che dei valori e concetti di democrazia e sovranità nazionale vien condotta dall’uno o l’altro fronte in campo oggi.

La Guerra della Memoria

L’Italia, con il suo retaggio complesso e controverso, è sempre più un teatro privilegiato di questa battaglia.

Il 25 aprile dovrebbe celebrarsi la Festa in cui consacrare e cementare l’identità nazionale – ben più del 2 giugno, a lungo dimenticato, e non per caso riportato in auge da Ciampi proprio nel periodo in cui invece il 25 aprile tornava ad essere contestato apertamente da una parte dello schieramento politico.
Il 2 giugno sembra ormai neutrale e asettico, quindi poco problematico – rispetto a un 25 aprile contestato di volta in volta per essere “troppo rosso”, “ipocrita”, “falso”, o peggio.

Basterebbe ricordare lo studio di Filippo Focardi La Guerra della memoria – che ripercorre le vicende e le polemiche intrecciate alle celebrazioni della Liberazione, susseguitesi a partire dal dopoguerra – per riconoscere come la data in questione non ha mai rappresentato un luogo di pacifico riconoscimento delle diverse sensibilità, nel comune valore della Libertà.

Dopotutto, è parola corrente quella che si ascolta talvolta e che recita “ la libertà in Italia ce l’hanno portata gli Americani”; o viceceversa, “noi la Libertà ce l’eravamo conquistata, ma poi sono venuti altri e ce l’hanno tolta”.
E sono solo due delle “retoriche contrapposte” che si ascoltano più di frequente – per non citare quelle che sono apertamente ostili a tutto l’universo celebrato il 25 aprile.

Ma tutto ciò potrebbe anche essere considerato come un sintomo di vitalità politica – e del fatto che la retorica per cui destra e sinistra non esistono più, non è altro che la vera menzogna spacciata ad arte.

Tuttavia, retorica dopo retorica, i nodi non si sciolgono e i pettini si infrangono, mentre nelle matassa che si forma si perdono gli autentici riferimenti e le questioni, ideali e pratiche, che sono veramente in campo.

La Liberazione a Roma : una celebrazione dimezzata

E’ il caso odierno del rifiuto della Comunità ebraica romana di prender parte alle celebrazione del 25 aprile organizzate dall’Anpi e in particollare al tradizionale grande corteo.
Mentre a Milano l’Anpi ha predisposto un servizio d’ordine per tutelare la partecipazione della locale rappresentanza ebraica – a Roma l’associazione che intende tramandare i valori della Resistenza non ha deciso nella stessa maniera.

In passato, però, i rappresentanti della Comunità ebraica romana erano stati aggrediti e spintonati e oltraggiati, per cui non è la prima volta che per protesta essi disertano il corteo.

La polemica sorse quando nel 2014 sfilò una rappresentanza della Brigata Ebraica che combattè in Italia durante il secondo conflitto, come parte degli eserciti Alleati – lasciando da parte il tributo di sangue del popolo ebraico in tutto il teatro di guerra, e senza neanche far menzione della Shoah.

Oltre mille ebrei italiani combatterono tra le file della Resistenza: tantissimi in proporzione al numero degli ebrei presenti in Italia, oltre che al rischio più grave che essi affrontavano qualora fossero stati catturati. Fra i partigiani ebrei molti sono celebri: Primo Levi, Vittorio Foa, Leo Valiani, Eugenio Colorni, Emilio Sereni, Umberto Terracini.

Oltre a costoro, agli “irregolari”, la citata Brigata Ebraica ha versato il proprio tributo si sangue per la nostra Penisola.

Erano stranieri, non lo erano? Se si tratta di un festa di Liberazione e non di una festa nazionalista, in che senso questo ha importanza?

Palestinesi ed Ebrei

Da anni il Corteo si è peraltro andato aprendo ad associazioni, rivendicazioni, parole d’ordine che collegassero le memoria delle lotte del passato a quelle del presente – perché la Storia non è finita nel 1945, e la ricerca della Liberazione non si è certo realizzata dappertutto.

Per cui non può sorprendere che, tramite la militanza di associazioni e gruppi della sinistra radicale variamente assortita, alle celebrazioni partecipassero anche le bandiere della Palestina in cerca di libertà, coi relativi slogan.

Purtroppo, anche a causa della deriva cui è andato incontro il processo di pace israelopalestinese, la questione mediorientale è diventata terreno di scontro pure sul nostro territorio.

Nella battaglia su chi abbia più diritto a partecipare al corteo per il 25 aprile – se palestinesi o ebrei, filopalestinesi o filoisraeliani o chissachì – anche aldilà della consapevolezza (probabilmente molto modesta) degli attori in piazza, accade che venga al pettine proprio il nodo che dicevamo.

Il senso della Liberazione: il nesso fra democrazia e nazione, fra sovranità nazionale e sovranità in senso generale.

Storia, Memoria, Liberazione

E quello della Memoria e della Storia – molto meno solidali, per natura, di quanto il marketing politico ci voglia spingere a credere.
Infatti, vengono presentate, contro la presenza di una delegazione con la stella di David, una serie di obiezioni.

Vanno dall’accusa di non aver avuto un ruolo nella Resistenza, a quella di essere forza straniera come dicevamo (in quanto integrata nella forza d’invasione alleata), o di non avere comunque diritto a una rappresentanza su base etnico-nazionale (perché gli Ebrei sì e altri popoli no?). O all’accusa di avere all’epoca tradito i valori della Liberazione  – dato il grande numero di ebrei europei che nel 48 combatterono per Israele definita “forza imperialista” – oppure oggi – dato che il governo di Israele misconosce i diritti dei palestinesi, e la Comunità ebraica romana in grande maggioranza si mantiene allineata alla posizione di quel governo -.

La risposta è pronta, da parte della Comunità ebraica romana: i Palestinesi di oggi sarebbero gli eredi del Muftì di Gerusalemme che in un celebre incontro cercò il sostegno di Hitler contro l’emigrazione ebraica allora in corso verso la Palestina, e suggerì di farla finita con gli Ebrei una volta per tutte.

Per cui, i filopalestinesi sarebbero tout court nazisti e antisemiti (anche un libro appena uscito di Mirella Serri segue questa traccia narrativa).

Come se il Muftì fosse il rappresentante legittimo di tutto un popolo – che non ha mai avuto un suo Stato democratico-.
Come se, anche ammettendolo, le colpe dei padri potessero ricadere sui figli – cosa che è quanto di più contrario al 25 aprile si possa immaginare, e di più vicino ai valori di coloro che ancora celebrano il 28 ottobre e quell’altra “rivoluzione”.

O come se il Muftì avesse avuto un qualsiasi ruolo concreto nella Shoah, per non dire dei palestinesi stessi.

D’altro canto, questi argomenti infondati sono le degna moneta che si merita in cambio coloro, i quali blaterano di israeliani come nazisti e cose del genere.

Il punto è che la Memoria del passato, in questi frangenti, è un campo di battaglia per conseguire una legittimazione ideologica, che non è cosa meno importante della lotta che si combatte su altri piani.

Recuperare il significato della Liberazione

Chi controlla la Storia vince.

Chi controlla il passato, controlla il futuro.

E’chiaro che la posta in gioco, oggi come allora, è : quale nazione, quale democrazia vogliamo.

In Italia una pacifica composizione fra valori nazionali e valori democratici non è mai stata raggiunta.

Alla base dell’Altare della Patria si trovano le dediche Patriae Unitati e Civium Libertati : scandite e proclamate.
Come a dire : non confondetele, ma non dividetele.

Il fatto che un frutto tardivo della guerra di Liberazione dal nazifascismo sia stata finalmente la creazione di una Patria per il popolo ebraico, uno Stato democratico e moderno, crea una contraddizione : un paradosso che non va strumentalizzato, ma va sciolto.

Perché Israele ha un governo che conculca il diritto analogo dei Palestinesi ad avere una loro libera patria in democrazia.

E la comunità ebraica italiana non sembra più ormai contribuire con forza ad una discussione che possa convincere Gerusalemme che non sopravvive, la democrazia, negando libertà e sovranità ad un altro popolo.

Lo ha dimostrato proprio la pretesa assurda del nazifascismo di creare una nazione sulla base dell’asservimento, amputazione e distruzione di una propria minoranza.

Per cui, è giusto in linea di principio che l’Anpi ammetta al corteo chi si batte per il progresso delle Liberazione – perché la storia non è terminata nel 1945, e anzi oggi si tratta persini di combattere per non fare passi indietro.

Il riferimento al passato, non può essere essere un modo per “congelare” la storia – a vantaggio di pochi.

Al tempo stesso, tradire la realtà del passato porta solo ad avvelenare la memoria e i valori di cui si pretende di essere portavoce.

Per cui constatare l’impossibilità, per una rappresentanza ebraica, a partecipare alla celebrazione del 25 aprile a Roma, costituisce una oscenità.

Qualcosa che rischia di torcere davvero tutta l’iniziativa verso un ritorno a forme di socialismo nazionale, dalle venature antisemite e antimoderne, che caratterizzava grossa parte della sinistra d’antan.
Una sinistra che cent’anni fa, lo ricordiamo, finì per votare il sostegno ai governi borghesi che trascinarono i popoli d’Europa nel più orrendo ciclo di massacri che l’essere umano ricordi.

No al passato : torniamo al futuro

Ecco: ricordiamo.
Non ripetiamo gli errori del passato.

In Italia, come altrove, Liberazione vuol dire essenzialmente questo : che non ci sono scuse, e sulla Terra c’è posto per tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

C’è posto per tutti i democratici, nel corteo per la Liberazione.

E chi dice il contrario è un fascista ed è pregato, lui sì, di starsene fuori dal corteo.

ALESSIO ESPOSITO

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