Copyright e regole per il settore delle telecomunicazioni verranno presentate nei prossimi giorni a Strasburgo. Così come è stato chiaramente riportato in un articolo
che è possibile trovare sul sito dell’Ansa:
Si metterà fine al divieto di accesso dei contenuti esteri, ma continuerà a non essere possibile abbonarsi per esempio ai programmi di Netflix in Gran Bretagna dall’Italia. Sarà più facile per tv, radio e piattaforme online acquistare i diritti per diffondere film e musica in più Paesi. I media potranno chiedere a servizi come Google News, mentre servizi come Whatsapp o Skype dovranno sottostare a regole su sicurezza e privacy come gli operatori tlc. Gli utenti avranno più libertà di cambiare fornitori anche in caso di pacchetti tv-internet, sebbene per le associazioni di consumatori ci siano rischi per la concorrenza.
Sul fronte copyright, quando si viaggia temporaneamente all’estero, resterà vietato fare shopping dei programmi preferiti offerti su canali o piattaforme internet di un altro Paese. I broadcaster, però, in base al principio del Paese d’origine, potranno acquistare in una volta sola i diritti per diffondere lo stesso film o serie tv on-line nei diversi Stati membri in cui sono presenti. Una decisione criticata da produttori ed emittenti che temono, come l’Associazione tv commerciali europee (Act), che così facendo si crea un sistema in cui tutte le licenze diventano paneuropee, quindi più care, con il risultato che solo i giganti come Netflix o Amazon Prime potranno acquistarle.
“La Commissione dovrebbe fare quello che ha promesso, mettere fine al geoblocking. L’industria audiovisiva sembra non volere rispondere ai trend del consumo online”.
Critiche anche per la mano tesa a editori e media, che dà loro il potere negoziale di avere una remunerazione da parte degli aggregatori di notizie, come Google News, che riprendono stralci o link di articoli. I consumatori temono che si ritorca contro loro stessi che dovranno pagare per accedere alle notizie, e gli editori hanno paura di perdere visibilità.
Da Bruxelles hanno chiarito che:
“Non è assolutamente una tassa Ue sui motori di ricerca, ma si tratta solo di garantire agli editori i diritti affini”.