Partiamo anzitutto dalle “buone intenzioni”. C’eravamo lasciati così alla fine del 2016 in vista del 2017. E tra le prime buone intenzioni – che per ora resta una buona e pura intenzione e non sappiamo se si tradurrà in fatti – c’è la “caccia” alle bufale del web, a quei link impazziti sulle nostre home di Facebook che, giusto per fare qualche esempio, un giorno fanno dire a Laura Boldrini che le donne italiane devono indossare il velo e il giorno dopo che la chemioterapia non serve a nulla contro il cancro, anzi è dannosa.
Ha iniziato a fine anno il Presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, che ha invitato i Paesi dell’Ue a dotarsi di una rete di agenzie pubbliche per combattere la diffusione di notizie-bufale su Internet, spiegando che questa lotta è più efficace se viene svolta dagli Stati piuttosto che delegarla ai social media come Facebook. Dichiarazione che ha subito suscitato l’ira dei grillini e di Beppe Grillo, che ha subito gridato all’Inquisizione ed evocato la morte della libertà di espressione. Detto da chi, da dietro un Pc, si diletta con “epurazioni” e cacciata dei dissidenti, è tutto un programma.
E mentre il leader dei Cinque Stelle invoca il nuovo “tribunale del popolo” per conformare l’informazione secondo la “sua” verità o quella di qualche altro soggetto alla “napalm51” interpretato da Crozza, c’è chi come Enrico Mentana entra nel merito della proposta di Pitruzzella e, in un’intervista a “Il Fatto Quotidiano”, indica come strada l’identificazione certa di chi sta dietro qualsiasi sito web che offre informazioni: “Chi fa informazione ha dei vincoli, tra cui quello della responsabilità del direttore anche sul lavoro dei propri giornalisti. Se si costringesse chi è sul Web a essere raggiungibile e identificabile, non ci sarebbe bisogno di alcun ente censore”.
Il 2017 si apre con lo slancio positivo di chi vuole mettere le cose in chiaro. Di chi percepisce come intollerabile la degenerazione di autoreferenzialità, che porta chiunque ad alzarsi la mattina e a scrivere la prima cosa che gli passa per la testa, veicolandola agli altri come “informazione”, “notizia”. Con i pericolosi rischi sociali connessi.
E anche con la volontà di ricondurre ogni treno nel suo binario: non tutti possono scrivere e parlare di tutto. Due casi esemplificativi. Guido Saraceni, docente di filosofia del diritto all’Università degli Studi di Teramo, di fronte alle proteste dei soliti “leoni da tastiera” contro “l’ennesimo presidente del consiglio non votato dal popolo”, ha invitato, in primis i suoi studenti, e tutti quelli che avessero ripetuto il “mantra” privo di qualsiasi fondamento costituzionale – la Costituzione prevede che il Presidente del Consiglio sia nominato dal Capo dello Stato – a chiudere l’account facebook, ad abbandonare la Facoltà di Giurisprudenza e ad iscriversi “alla facoltà di “Scienze delle Piadine al Prosciutto presso l’Università della Vita”. E poi un altro caso. Roberto Burioni, professore di microbiologia e virologia all’Università San Raffaele di Milano (autore del libro Il vaccino non è un’opinione – Mondadori), che ha aperto una sua pagina Facebook per cercare di spiegare l’importanza dei vaccini, separando la scienza dalle opinioni, la realtà dalle bufale. Qualche giorno fa ha scritto sulla sua Pagina Facebook “preciso che questa pagina non è un luogo dove della gente che non sa nulla può avere un “civile dibattito” per discutere alla pari con me. È una pagina dove io, che studio questi argomenti da trentacinque anni, tento di spiegare in maniera accessibile come stanno le cose impiegando a questo scopo in maniera gratuita il mio tempo che in generale viene retribuito in quantità estremamente generosa…chi vuole può controllare di persona la veridicità di quanto riportato. Però non può mettersi a discutere con me. Spero di avere chiarito la questione: qui ha diritto di parola solo chi ha studiato, e non il cittadino comune. La scienza non è democratica”.
Sembra che il 2017 sia nato all’insegna della lotta alla liberazione da bufale e dai tuttologi e della ricerca di una qualche verità, con la v minuscola ci mancherebbe, ma pur sempre ricerca di ciò che è autentico e comprovato dai fatti. Di ciò che è credibile. Di informazione che provenga da chi le cose le studia e le approfondisce. Non da chi apre la bocca per farle prendere aria o digita su una tastiera senza attivare i neuroni ma solo per prevenire l’artrosi delle dita.
Confidiamo nelle buone intenzioni. Speriamo bene. E che non sia tutta…una bufala
Salvatore D’Elia