L’America resta il colosso cinematografico, ma il cinema italiano torna finalmente ad appassionare le sale del nostro Paese
Ogni anno vi è una palese differenza quantitativa di offerta di film americani che escono nelle sale piuttosto di quelli italiani. Ed è normale in quanto bisogna tener conto della fetta di spettatori che i primi devono raggiungere rispetto ai secondi.
I film firmati USA hanno, dal canto loro, un differente tipo di pubblicità che naviga oltreoceano quasi sempre, mentre è più difficile che un film nostrano arrivi nei cinema americani. E questo perché? Perché è inevitabilmente diverso il tipo di cultura con la quale si approccia.
Lo spettatore italiano è pigro. Ha bisogno di un bombardamento pubblicitario del film 24 ore su 24, ovunque. Giornali, televisione, cartelloni nelle metropolitane. C’è la necessità di arrivare al suo interesse ogni qual volta egli abbia un momento libero. Il cinema è nato proprio come distrazione, spettacolo, qualcosa che spezzi la monotonia della vita quotidiana.
Infatti, le sale americane non si presentano con scomode poltrone che dopo solo mezz’ora ti fanno addormentare la schiena e non c’è spazio per allungare le gambe. Sono spesso, invece, delle vere e proprie oasi della comodità. E delle volte anche con servizio di ristorazione!
Hollywood è un’industria senza eguali. L’arte che sceglie di produrre è a scopo di lucro; i prodotti così detti cheesy, ossia i supereroi più disparati e le commedie al limite dell’idiozia (che sono sempre una conferma), servono, appunto, per produrre poi i vari Tarantino, Scorsese, Burton ecc..
In Italia non manca la creatività, ma, forse, sul campo “industriale” siamo un po’ carenti. Abbiamo passato, infatti, un periodo per lo più stagnante, costellato da commedie demenziali, soliti cinepanettoni e film che si sono rivelati dei flop.
Senza contare, ovviamente, “La grande bellezza” di Sorrentino, vincitore di Oscar, Golden Globe, David di Donatello e un’altra decina di premi.
Ed è proprio qui la differenza, tra quantità e qualità.
Quest’anno, in Italia, si nota un leggero cambiamento. Una buona predisposizione al Rinascimento del nostro cinema, affiancato sempre ai grandi nomi che ne hanno fatto la storia.
Si sono abbattuti (finalmente) i muri del “non si può fare una cosa del genere qui in Italia” con Lo chiamavano Jeeg Robot, di Gabriele Mainetti, regista e anche produttore che ci ha regalato il primo supereroe italiano, di una credibilità strabiliante. Una novità tutta nostra, mentre in America sono continuate le vicende di nomi che di nuovo hanno ben poco (vedi Batman vs Superman, gli Avangers ecc..)
A Febbraio, Paolo Genovese ci ha invitati al cinema per un gioiellino che ha fatto subito scattare la pioggia di remake in USA da parte Brad Pitt e la sua Plan B e poi Francia, Qatar, Spagna, Svezia, Turchia e Germania: Perfetti sconosciuti.
E ancora, Virzì racconta sempre la psicologia femminile e con La pazza gioia conquista la critica e il pubblico con un festival di emozioni e sapori amari che la pellicola suscita.
Sì, il cinema americano ha tutti quegli effetti speciali dei loro supereroi (che, ammettiamolo, amiamo) che ci lasciano sempre senza parole, ha sfornato Revenant che ha regalato finalmente l’Oscar a Di Caprio, per gli appassionati di splatter, Tarantino ha partorito il suo secondo western The hateful eight, e molti altri che hanno riempito le sale italiane in questo 2016.
Ma la quantità e la qualità delle pellicole americane, quest’anno fino ad ora, non supera l’eleganza, la purezza, il lavoro, il riscatto di quelle italiane.
Il cinema italiano si è risvegliato. E gli spettatori non devono addormentarsi sul divano di casa, ma andare al botteghino ed essere fieri dell’arte di raccontare che è nostra da secoli e millenni.
Anna Somma