2 euro per un piattino: alcune riflessioni sopra uno “scandalo”

2 euro per un piattino

È giusto o è sbagliato far pagare 2 euro per un piattino da condivisione, aggiungendolo al coperto sul conto? Forse questa domanda – e il modo in cui ci stiamo ragionando su – denuncia una forma mentis che è ora di mettere in questione.

Nelle ultime ore sta rimbalzando sulle principali testate nazionali (vedi qui, qui e qui, per esempio), sulle piattaforme social e nei dibattiti d’opinione una notizia curiosa. Quella di una trattoria che avrebbe fatto pagare 2 euro per un piattino da condivisione a una famigliola in vacanza. E naturalmente infuriano le polemiche. Tutta la vicenda in sé ha del kafkiano, ma guardarla in prospettiva può essere utile. Per cosa? Per mettere a fuoco una preoccupante tendenza tutta italiana dell’ultimo periodo.




Cominciamo dalle basi: che cosa è successo?

Lunedì 7 agosto sui social della popolare opinionista Selvaggia Lucarelli è apparso un post che in poche ore è diventato virale. Riportava l’immagine dello scontrino di una trattoria ligure, L’Osteria del Cavolo di Finalborgo (SV). Peraltro, del contesto di questo documento poco o nulla era dato sapere. Lo scontrino, infatti, risaliva all’ora di pranzo dello scorso 23 luglio e non apparteneva a Lucarelli. Le sarebbe stato mandato, invece, da una famigliola in vacanza, sdegnata per il trattamento ricevuto. A suscitare l’indignazione di Lucarelli e del popolo della rete è stato un particolare prontamente evidenziato dall’opinionista. E cioè i 2 euro per un piattino da condivisione messi in conto.

La cosa potrebbe anche finire qui, rubricata alla voce “ladronaggine degli esercenti” o “pezzenteria dei turisti” a seconda dell’orientamento ideologico e della professione del commentatore. Se non fosse che c’è in ballo un danno non di poco conto per l’osteria in questione.

Non si tratta, infatti, di un effimero danno di immagine, ma anche e soprattutto di un danno economico molto concreto. Infatti, in conseguenza dell’indignazione popolare, l’Osteria del Cavolo ha cominciato a ricevere su ogni piattaforma per le recensioni una valanga di giudizi negativi, finendo per passare dalle 4,8 stelle con cui era inizialmente valutata a 3 stelle. Un declassamento importante, se si considera che le recensioni hanno un peso sia nel piazzamento sui motori di ricerca sia nella scelta di provare o meno un certo ristorante.

La risposta della titolare e l’importanza del contesto

La pioggia di critiche che ha investito l’osteria ha un nucleo centrale molto basilare. E cioè: già si paga il coperto, far pagare 2 euro per un piattino in più per condividere la porzione è da disonesti. Questo potrebbe anche essere giusto, ma ci sono dei fattori da valutare attentamente. E la spiegazione che la titolare del locale, Ida Germano, fornisce al Secolo XIX sulla vicenda li riassume in maniera cristallina.

La titolare ricorda la coppia dello scontrino, che con la loro bambina aveva fatto accomodare a uno dei tavolini esterni da tre.

Hanno ordinato un solo piatto di trofie al pesto e uno di acciughe fritte e hanno chiesto due piattini di condivisione per entrambi. Quindi di piattini in tutto ne hanno avuti 4, non uno. E ne abbiamo fatto pagare solo uno perché la lavastoviglie e il lavapiatti li paghiamo anche noi.

Ma questa non è l’unica motivazione. Del resto, prosegue Germano,

Ho 4 tavolini fuori, non molti, e se ne lascio uno da tre a persone che fanno un ordine da uno, perché primo e secondo sono praticamente per uno solo, mi dovrei preoccupare del piattino da 2 euro? Peraltro i prezzi, delle portate e del servizio, sono scritti chiari ed esposti sia fuori che sul menù. Quindi chi ci sceglie li conosce e può decidere se andare altrove o restare.

Alla luce di queste considerazioni, quei 2 euro per un piattino di colpo sembrano già un po’ meno assurdi.

“2 euro per un piattino, che pezzenti!”: sì, ma chi?

E quindi: ha sbagliato la famiglia di vacanzieri che ha condiviso lo scontrino, o sbaglia il ristoratore?  Ecco, forse questa domanda è un po’ fuori fuoco rispetto al punto. Perché sfido chiunque a trovare un turista, uno solo, che non si indigni per i 2 euro per un piattino. Un vacanziere spensierato che, voglio dire, non lavori nella ristorazione. Perché i ristoratori, invece, ci scommetto, saranno più propensi a dare solidali pacche sulle spalle alla titolare del locale. E anche agli altri esercenti che si impegnino, loro davvero, in pratiche veniali ma decisamente criticabili.

Perché alla fine sono solo 2 euro, 2 maledettissimi euro, sia per chi è in vacanza con la famiglia che per chi ha il pienone stagionale. E però, pragmaticamente parlando, è sempre meglio che a pagarli, potendo scegliere, sia qualcun altro.

Lo sguardo del sospetto e quel PIZZICO di etica che ci manca

Forse è proprio questo il problema. In un certo momento del tempo siamo entrati in un loop suicida non solo per il turismo ma proprio per la vita civile di questo Paese. Quel loop che ci porta a guardare sistematicamente chi ci sta di fronte come qualcuno che vuole fregarci o che noi potremmo fregare con profitto.

È esattamente questo atteggiamento che, da clienti per esempio di un’osteria, ci fa pretendere di mangiare tanto e bene pagando poco. Anzi, pagando niente, che “poco”, meh, è già troppo. E che, da esercenti o professionisti, ci fa pensare “massì, che sarà mai un ritocchino in su al prezzo o in giù alla qualità?“. Ci ostiniamo a credere che questo atteggiamento non sia qualcosa da combattere, che sia normale. Che ci convenga, perfino, mentre no, accidenti: non conviene proprio a nessuno.

Il rimedio? Ah, nossignori, mi spiace: io non ce l’ho.
Magari potrei suggerire di togliere la rete internet a tutta la categoria degli agitatori di sdegno di professione… Ma suonerebbe terribilmente illiberale.
E allora invito solo, nei ristoranti e nei luoghi di svago, a mettere via il cellulare. A fare un bel bagno di realtà, immersione profonda e completa. Chissà che poi lo scontrino, misurato in attimi di vita che ne sono valsi la pena, non assuma tutto un altro aspetto.

Valeria Meazza

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