“Dirò a Dio cosa mi hanno fatto, gli dirò tutto” .
Sono le parole che un bambino di tre anni ha pronunciato prima di morire, vittima dei bombardamenti e della guerra che martirizzano da anni il suo Paese.
Una grande attrice italiana diceva che non è giusto morire, dal momento che siamo nati, nate. Ancor più ingiusto, è che muoiano Bambini e Bambine. È contro la Natura, è contro tutto. E non ci sono aforismi, non ci sono teorie filosofiche, non ci sono versetti biblici che possano spiegare né tantomeno svelare il senso della tragedia. Perché il senso non c’è.
E davanti ad un Bambino, ad una Bambina che piange, viene da pensare che abbiamo perduto il senso di tutto, se mai l’abbiamo avuto. Ma un Bambino, una Bambina, questo non lo sa. E in quelle parole, si aggiunge la voce di TUTTI i Bambini e di TUTTE le Bambine che non sono stati difesi, che non sono state difese. E che, dal momento che erano nati e nate, si aspettavano semplicemente di vivere.
Perché un Bambino, una Bambina che nasce, non corre a guardare la carta geografica, constatando di essere nato, nata, in uno dei posti più spaventati e più devastati della terra. Per poi farsene una ragione.
Un Bambino, una Bambina non sa qual è la differenza tra ricco e povero, tra fortuna e sfortuna, tra chi sta di qua e chi sta di là: e non dovrebbe conoscerla mai.
Un Bambino, una Bambina non sa che se il cielo è grigio, se le orecchie sono assordate da spari e botti e tutto attorno è caos, potrebbe non essere un gioco. Ma purtroppo, lo impara presto.
Perché un Bambino, una bambina, non sa cosa è la paura di andare ad assistere ad un concerto, di andare a mangiare un panino, di festeggiare l’anniversario di un giorno importante della Storia del proprio Paese, di andare in chiesa. E non lo sa che nascondersi tra le gambe di mamma o di papà, potrebbe non bastare. Non lo sa, e non è giusto che lo impari.
E non sa che uscire di casa per andare in stazione a prendere il treno, può significare non tornare più. Mentre, invece, il ritorno a casa, è uno dei gesti più normali per una Persona.
Un Bambino o una Bambina, non sa cosa significa “Allah Akbar”, non sa perché lo urli in quel modo e non sa perché, dopo aver pronunciato quelle parole, semini morte e terrore. E credo che, in fondo, non lo sai neanche tu.
E perché un Bambino, una Bambina non dovrebbe mai avere dei dispiaceri da raccontare a Dio. Ad un Dio che, molto probabilmente, non avrebbe parole, che non ha parole. E non vorrei essere nei suoi panni quando gli tocca rispondere ai Bambini e alle Bambine che gli chiedono “perché?”. Non vorrei essere nei suoi panni quando si accorge che neanche la sua grandezza è sufficiente per coprire, per compensare il dramma che tanti Bambini, che tante Bambine, hanno vissuto. Non vorrei essere nei suoi panni quando si rende conto di non aver parole, di non aver spiegazioni, di non aver, forse, neanche più la speranza.
E sarà silenzio anche lì.
Con un Dio in ginocchio davanti ad un Bambino.
Deborah Biasco