Nella tarda mattinata del 16 Giugno 1944 furono deportati a Mauthausen 1.488 operai genovesi. I lavoratori furono radunati nei piazzali, selezionati, caricati a centinaia su camion e autobus nello stato in cui si trovavano: in tuta, con gli zoccoli, in canottiera ammassati peggio delle bestie su carri ferroviari sottratti ai loro cari e soprattutto al loro lavoro. La rappresaglia fu guidata dalle forze di occupazione tedesca con la partecipazione ovviamente di polizia e brigate nere. Furono colpite quattro tra le fabbriche più combattive dei mesi precedenti, a partire dagli scioperi di dicembre 1943: la Siac di Campi, il Cantiere, la San Giorgio e la Piaggio di Sestri.
Il comando militare tedesco presente a Genova valutò in 12.000 il numero dei lavoratori di molte grandi aziende della città che avevano preso parte allo sciopero del, 9 giugno, in seguito ci fu la chiusura delle fabbriche e la ripresa del lavoro il 14 giugno. Fu a questo punto che si scatenò l’azione punitiva. Lo stesso comando tedesco nei propri documenti confermava che l’azione di rastrellamento era in relazione allo sciopero del 9 giugno.
I rastrellamenti di Genova stavano dentro un imponente piano di deportazioni di manodopera e di lotta antipartigiana. In quei giorni, più del solito, ogni infrazione agli ordini tedeschi o fascisti, ogni atto di contestazione o di opposizione provocava l’immediata rappresaglia della deportazione.
Fu quello uno dei momenti più tragici della Resistenza genovese , uno dei più crudeli crimini dell’occupazione nazifascista. Un treno partì da Genova e molti di quei lavoratori non tornarono più. Di quel tragico giorno non possiamo che e ricordare la lotta degli operai in difesa delle fabbriche e soprattutto la lotta contro il nazifascismo. Dobbiamo riflettere come sempre sulla forza di un ideale, su chi ha pagato con la vita la lotta per i propri diritti, e il dispiacere più grande è il non potersi rispecchiare ora in quegli uomini.