In una splendida giornata di sole, intenta a riordinare il garage, ritrovo un vecchio libro, stampato nel 1990, scritto da Giovanni Iannacci, che si firma come Gioia dei Giardini. Il libro si intitola “Il Paese di nessuno” e racconta, attraverso una serie di colloqui che due giornalisti immaginari tengono con le persone del posto, la vita di un piccolo paese. Il motivo per cui vi parlo di questo libro, e della gioia che provo ancora adesso nell’averlo ritrovato, è perché lo scrittore era un mio compaesano e il libro racconta del mio paese: è un piccolo paesino del Molise. Ricordo ancora, quando da piccola, mi recavo nella sua casa, e lui, seduto sulla sedia, a leggere il giornale. Era un uomo umile e gentile, per quel poco che lo ricordo, mi regalava i suoi libri, e leggendoli, in questo momento, rimpiango di non averlo conosciuto adesso, di non avergli potuto raccontare quanta bellezza mi ha trasmesso questo libro, e quindi per ringraziarlo gli dedico questo mio articolo. Ma tornando al libro, il caro Giovanni racconta di quanto il paese sia cambiato, e di quanto la voglia di cancellare il passato si sia trasformata in realtà. Leggendo ho scoperto il mio paese come mai nessuno l’aveva raccontato. La vita che prima si viveva qui (come in molti altri paesi) le attività che il popolo intero svolgeva insieme, cose che adesso non accadono più. Rileggere di un paese vivo, del significato che ogni abitante dava a quello che faceva , scoprire che addirittura vi era un giornale. Sembrano cose banali, ma nella realtà di adesso, nei paesi dove l’invidia e le malelingue vanno di pari passo, scoprire che prima, regnava la vita insieme alla discordia, è una speranza, un sospiro di sollievo. Se qualcosa è esistito potrà ancora esserci. C’è un discorso, che si svolge durante il racconto: quando i due giornalisti arrivano nel Paese di nessuno, fermano il primo che passa per quelle strade, un ragazzino di quindici anni e gli domandano:
“E’ il paese del ministro?
No, non è il paese del ministro! lui, il Ministro, è di questo paese e non il paese del ministro. E poi cosa significa? Di ministri sono così pochi, di persone c’è ne sono a milioni!
Si, ma sa, avere un ministro del paese, oggi, significa avere un tesoro, è più di quanto si ha un deputato o senatore!
Non è sempre vero caro giornalista: se quelle personalità dovessero badare al proprio paese o alla propria città, soltanto mille paesi verrebbero amministrati e gli altri sette mila che compongono questa nazione cosa farebbero? Starebbero a guardare le nuvole? E vengono a dire tutti le stesse scemenze! Paese del Ministro e paese del Ministro! Ci hanno scocciati! Il paese non è di nessuno!
Hai visto? Hai sentito?
E’ vero – dice il collega in missione- si può essere cittadini modello anche a quindici anni, indipendentemente da dove si nasce o dove si vive; in un paese che non ha nemmeno un albergo, né un bagno pubblico, cresce persone di così spiccata sagacia e finezza di giudizio. “
Ebbene è questo quello che io vorrei, ora l’albergo dove poter dormire c’è, i bagni pubblici anche, vorrei queste persone che il giornalista stima, ma non solo nel mio paese, in ogni paese del mondo, l’evoluzione non c’è nelle strutture, ma nella cultura, che prima, benché poveri di vestiti e soldi e strutture vi erano uomini pieni di ideali umanità e unione. Questo vorrei. Se è esistito potrà ancora esserci.
Questo libro, purtroppo, non è mai uscito dal proprio paese, e sono sicura che nel paese pochi conoscono la sua esistenza. Spero vivamente che queste 147 pagine escano dal buio dove sono state messe, e trasmettano quello che hanno trasmesso a me.
Grazie Giovanni!