1.024 migranti morti o dispersi nel Mediterraneo nel 2024

migranti

Da inizio anno, i migranti morti nel Mediterraneo sono 421, quelli scomparsi in mare 603. L’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) ha reso noto su X un bilancio tragico riguardante le traversate nel Mediterraneo dall’inizio del 2024 fino al 17 agosto.

Secondo i dati comunicati dall’OIM, Il Mar Mediterraneo continua a rappresentare la bruttissima immagine della crisi migratoria globale, forse meglio rappresentata solo dai governi e dalle autorità marittime che spesso tardano o rifiutano operazioni di salvataggio per evitare di accogliere nuovi stranieri nei loro Paesi. Sempre l’OIM riporta che sono 8.600 i migranti morti nel mondo nel 2023, il numero più alto mai registrato, 20% in più rispetto al 2022.

Una delle rotte più pericolose

La rotta del Mediterraneo centrale, che parte principalmente dalle coste della Libia e della Tunisia, è nota per la sua pericolosità. Le condizioni delle imbarcazioni sono spesso precarie i soccorsi in mare sono affidati principalmente agli sforzi di diverse organizzazioni, non adeguatamente supportate dalle autorità preposte. Il bilancio diffuso dall’OIM rappresenta solo una parte della realtà, poiché molte tragedie non vengono mai documentate, lasciando un numero incalcolabile di vittime sconosciute.

Nel contesto di questa crisi, un altro dato allarmante riguarda il numero di migranti intercettati in mare e riportati in Libia durante lo stesso periodo: dal primo gennaio al 17 agosto 2024, ben 13.763 persone sono state fermate durante la loro traversata e rimpatriate forzatamente. Tra questi, si contano 12.220 uomini, 947 donne, 460 minori e 136 persone per le quali non sono disponibili dati specifici di genere. Questi numeri evidenziano la gravità della situazione, con migliaia di persone che, una volta intercettate, vengono riportate in un Paese spesso considerato non sicuro per i migranti.

I centri di detenzione in Libia

Il ritorno in Libia rappresenta per molti migranti un dramma nel dramma. Innumerevoli testimonianze riportano le condizioni disumane nei centri di detenzione libici, dove i diritti fondamentali vengono spesso calpestati. I migranti, dopo essere stati intercettati in mare, si trovano a dover affrontare abusi, violenze e condizioni igienico-sanitarie precarie, senza alcuna via d’uscita.



L’OIM e altre organizzazioni umanitarie hanno più volte denunciato le gravi violazioni dei diritti umani che si verificano nei centri di detenzione libici, esortando la comunità internazionale a intervenire. Tuttavia, la complessità della crisi migratoria e le tensioni geopolitiche nella regione hanno reso difficile trovare soluzioni efficaci e durature. Le operazioni di ricerca e soccorso, sebbene fondamentali, non riescono a far fronte alla vastità del fenomeno migratorio, e il rimpatrio forzato dei migranti in Libia continua a sollevare questioni etiche e legali.

Tanti sogni infranti

Il Mediterraneo si conferma così il teatro della disperazione, un proscenio attraversato ogni anno da migliaia di giovani stranieri che migrano verso una migliore condizione di vita, verso una speranza che tante, troppe volte affonda nell’abisso del mare o finisce violenta in centri di detenzione. Il numero delle vittime che continua a crescere sottolinea l’urgenza di una risposta seria e concreta da parte della comunità internazionale.

L’Europa va sempre più nella direzione di affrontare le cause della migrazione, come le guerre e la mancanza di opportunità nei Paesi di origine, per ridurre il flusso di migranti disposti a rischiare la propria vita nel tentativo di raggiungere il nostro continente.

Ma il risultato rimane invariato: uomini, donne e bambini continuano a scappare dalle proprie terre, depredate da anni di colonialismo occidentale che hanno provocato solo povertà e conflitti. Questo aspetto induce a pensare che il massiccio fenomeno migratorio da cui l’Europa si sente minacciata, altro non è che il classico mezzo di cui la Storia si serve per ricordare agli oppressi che un tempo sono stati oppressori: quello dei corsi e ricorsi.

Vincenzo Ciervo

 

Exit mobile version